Cecilia Sala è libera. Libertà per l’Iran

Cecilia Sala è libera. Libertà per l’Iran

La liberazione della giornalista Cecilia Sala dal carcere in Iran in cui era stata sequestrata è una buona notizia. Bentornata.


Manteniamo l’attenzione sul carcere di Evin e sui crimini del regime iraniano

La sua detenzione nel carcere di Evin ha momentaneamente riacceso i riflettori sulla violenza della repressione del regime degli Ayatollah.

Come Giuristi Democratici abbiamo cercato costantemente di mantenere l’attenzione sulle continue violazione dei diritti umani in Iran.

Abbiamo seguito con attenzione tutto quello che succedeva nel paese e le vicende delle nostre colleghe e colleghi iraniani impegnati nell’improba battaglia nel campo della giustizia, cui l’anno scorso è stata dedicata la giornata dell’avvocato in pericolo (24 gennaio)

A Padova la sezione di Giuristi Democratici si è impegnata in tutte le iniziative volte a squarciare il velo su quanto avviene in Iran.

Innumerevoli le iniziative messe in campo insieme al Comune di Padova – Assessorato Pace, Diritti Umani, Cooperazione Internazionale e al Centro di Ateneo per i Diritti Umani “Antonio Papisca”, con l’Unione per la Democrazia in Iran, in collaborazione con la Camera Penale e l’Ordine degli Avvocati e dei Giornalisti. In molti casi iniziative all’interno delle azioni del nodo locale della Rete in Difesa di.

Proprio in questi giorni, nel richiedere la libertà di Cecilia Sala, l’Assessora del Comune di Padova Francesca Benciolini ha ricordato le iniziative cominciate dal 2019 per  la libertà dell’avvocata Nasrin Sotoudeh, poi continuate a sostegno delle proteste Jin Jian Azadi – Donna Vita Libertà, dopo l’uccisione di Mahsa Amini nel settembre 2022.

Il legame tra le nostre iniziative e le lotte per la libertà in Iran è ben rappresentato dall’opera realizzata dall’artista curda Zhera Dogan, realizzata in pubblica piazza nel corso di una giornata di approfondimento curata dai Giuristi Democratici di Padova, di cui Zehra ci ha fatto dono e che ora è esposta al Centro Antiviolenza 

L’Avv. Aurora d’Agostino, Co-Presidente dei GD , sottolinea come la vicenda di  Cecilia Sala possa dare modo di parlare di una situazione complessiva in Iran, di cui o non si parla o lo si fa solo in rare occasioni.

“Il carcere di Evin in cui Cecilia Sala è stata detenuta è lo stesso carcere dove ogni martedì le donne incarcerate protestano con lo sciopero della fame. Cecilia Sala è libera. Non dobbiamo dimenticare che anche i difensori dei diritti umani in Iran devono essere liberati così come le donne iraniane e l’intero popolo iraniano. Dare continuità all’informazione su quanto avviene in Iran è alla base di una concreta solidarietà con chi non si ferma e lotta ogni giorno per la libertà.“

Evin è un carcere durissimo. Lo racconta la collega Nasrin Sotoudeh, che ora si trova agli arresti domiciliari mentre suo marito, Reza Khanda, è stato arrestato a dicembre 2024 per una condanna di 6 anni fa, in teoria archiviata, per aver prodotto delle spille su cui era scritto “mi oppongo al velo obbligatorio”.

Nel 2019 Nasrin Sotoudeh, avvocata e difensora dei diritti umani, Premio Sacharov 2012 per la libertà di pensiero è stata condannata da un tribunale iraniano a 33 anni di carcere e 148 frustate per aver difeso donne e attivisti per i diritti umani. Una vicenda emblematica, che fin dall’inizio ha visto i GD impegnati per la sua libertà insieme alla Rete in Difesa di, alla Camera Penale di Padova “Francesco de Castello” e dell’Ordine degli Avvocati di Padova.

La vita di Nasrin è stata segnata dal carcere, da una continua repressione ma anche da una coraggiosa tenacia nel continuare la sua difficile battaglia di libertà.

Nasrin Sotoudeh pur essendo agli arrestidomiciliari, per una condanna rinviata a causa di una malattia e per un’altra condanna per aver partecipato al funerale di Armita, un’altra vittima delle violenze legate al velo obbligatorio, racconta in maniera lucida e terribile cos’è il carcere di Evin.

La sua descrizione riflette le poche cose che Cecilia Sala ha potuto raccontare in una telefonata ai suoi familiari e ora diffuse anche nel primo podcast realizzato dopo il rientro in Italia: detenuti in isolamento, celle monocolore per di più bianche, una coperta per sdraiarsi e una per dormire.

Nasrin, che a Evin è stata detenuta per diverso tempo, aggiunge che le telefonate sono vietate, le visite dei familiari avvengono a totale discrezione di chi interroga, una benda sugli occhi viene messa ogni volta che si esce dalla cella, le celle sono fredde e sporche, piccole concessioni, come una penna, sono riservate a chi magari ha un’ambasciata che fa pressione. A queste barbarie si accompagna il fatto odioso che le donne che vanno a trovare i detenuti sono obbligate ad indossare il velo, stessa sorte che si vorrebbe imporre a Nasrin e sua figlia Mehraveh quando vanno a trovare il loro marito e padre.

Una situazioni che non è esagerato definire di vera tortura. Un crimine costante.

A novembre 2024 Ahoo Daryaei, madre di due bambini, studentessa è apparsa con addosso solo slip e reggiseno mentre passeggiava per per la Science and Research University di Teheran, è stata arrstata e rinchiusa come una pazza.

A dicembre 2024 la cantante Parastoo Ahmadi ha sfidato il regime cantando senza hijab e a spalle scoperte, è stata arrestata e poi rilasciata visto il clamore del caso.

E’ di questi giorni la notizia della conferma da parte della Corte Suprema della condanna a morte dell’attivista curda Pakhsan Azizi, che rischia ora la pena capitale, di essere uccisa come centinaia di altri detenuti e detenute.

La mobilitazione è importante, la denuncia dei crimini contro l’umanità del regime di Teheran deve essere continua e strappare alla detenzione ed alla morte donne e uomini che lottano per la democrazia. Non distogliamo lo sguardo

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