Partecipata ed appassionata la presenza al Convegno “Legge Sicurezza”: contro le spinte autoritarie, questioni di costituzionalità e tutela dei diritti umani , promosso da Associazione Nazionale Giuristi Democratici e Centro di Ateneo per i Diritti Umani “Antonio Papisca”, Università di Padova che si è svolto a Padova il 21 giugno 2021.
La qualità degli interventi nei diversi momenti dell’incontro attesta l’impegno di chi è intervenuto nel portare un contributo utile a tracciare un percorso collettivo di opposizione al Decreto Sicurezza oggi Legge, proprio a partire dalle diverse specificità e competenze come nelle migliori jam session musicali.
Proponiamo solo alcune brevissime note a caldo. Quanto prima saranno disponibili a cura del Centro Diritti Umani le registrazioni video integrali degli interventi e sarà cura dei GD far circolare in forma di opuscolo le interessanti relazioni svolte.

La giornata si è aperta con le brevi introduzioni dei promotori.
Il primo a prendere la parola è stato il Marco Mascia a nome del Centro Diritti Umani. Al centro del suo intervento la pericolosità dell’attacco al diritto, che dovrebbe essere bussola della politica, sul piano internazionale e locale. Nel tempo della presa di potere di sovranisti, nazionalisti e populisti questa connessione va analizzata nella sua complessità per alimentare forme di contrasto capaci in maniera innovativa di saldare quel che accade nel mondo con i fatti di casa nostra.
Roberto Lamacchia, copresidente GD ha ricordato i motivi che hanno portato a elaborare l’idea dell’iniziativa a fronte delle preoccupazioni che fin dall’inizio l’associazione ha avuto nei confronti del Decreto Sicurezza poi diventato legge attraverso una forzatura di iter anch’essa preoccupante, a dir poco. L’obiettivo che ci è proposti era quello di realizzare nella stessa giornata un approfondimento dottrinario e un momento di confronto per rafforzare la volontà comune di opporsi in maniera concreta nelle aule di tribunale alle norme approvate attraverso le questioni di illegittimità costituzionale.
Aurora D’ Agostino, copresidente GD ha esordito dicendo che la presenza al Convegno non solo di avvocati o giuristi ma anche esponenti di realtà associative, studenti e studentesse è importante proprio per lanciare il messaggio che ritrovarsi insieme, aprire spazi di approfondimento ed azione fuori e dentro le aule di Tribunale è fondamentale per scardinare l’autoritarismo alla base delle norme della nuova Legge Sicurezza. Automatismi, eccessività della pena, il tabù del tema della gestione di Pubblica Sicurezza sono alcuni degli aspetti che vanno affrontatati per contrastare anche attraverso lo strumento della legittimità costituzionale l’intera Legge Sicurezza e le sue singole norme. “Difendersi e contrattaccare con il sistema democratico” ha concluso augurando buon lavoro per la giornata.

E’ seguito il saluto di benvenuto fatto da Francesca Venturini a nome dell’Associazione Giuristi Democratici di Padova che ha sottolineato l’importanza di una discussione comune sui profili problematici dell’impianto normativo e le ricadute che possono avere sull’intero tessuto democratico.
La mattinata si è articolata in due panel coordinati con maestria dalla Professoressa Paola Degani del Centro di Ateneo per i Diritti Umani – Università di Padova che ha ospitato l’iniziativa.

Ad apertura della prima sessione Paola Degani ha sottolineato l’importanza del confronto nel momento in cui stiamo assistendo a torsioni antidemocratiche che si inseriscono in una sorta di anti umanesimo legislativo in cui si usano volutamente orientamenti targhetizzanti per un attacco complessivo ai diritti soggettivi ed umani.
Alessandra Algostino dell’Università di Torino non ha usato mezzi termini nel definire un atto eversivo il passaggio del Decreto Sicurezza in Legge visto che l’inter di trasformazione deve avere precisi requisiti di necessità ed urgenza oltre al fatto che ci dovrebbe essere omogeneità nel provvedimento. Questi aspetti inquietanti insieme all’uso spregiudicato della fiducia portano ad una deriva autoritaria che , squilibrando i poteri, incide sulla forma stato. Per questo è importante guardare con le lenti costituzionali alle norme per incidere sugli aspetti di repressione del dissenso, la forzatura del passaggio da stato sociale a stato penale, l’introduzione di privilegi istituzionali. L’intervento puntuale si è soffermato su tutti questi temi per chiudersi sull’importanza di impostare con chiarezza le tante questioni di legittimità costituzionale da presentare.
Fabio Corvaja dell’Università di Padova, partendo dagli spunti presentati, ha approfondito la libertà di riunione come un presupposto del sistema democratico che spetta ai cittadini, tutti nell’accezione più piena e il nesso tra esercizio della libertà di riunione e la sovranità popolare. Aspetti già toccati dalla giurisprudenza costituzionale che vanno sempre tenuti presenti. Altro punto toccato è stato quanto norme presenti nella Legge Sicurezza che agiscono ex ante e non ex post si inseriscano nel solco di limitazioni autoritarie della libertà di riunione con un effetto intimidatorio sull’intera azione sociale. L’imbrattamento dei muri da pura espressione del pensiero diventa comportamento che può portare in carcere come per reati ben più gravi in contraddizione con il principio della congruità della pena, l’uso di norme che trasformano in reati condotte inserite nel diritto riconosciuto di sciopero lede un diritto fondamentale preminente, l’eccessiva tutela delle Forze dell’ordine crea un vulnus ai principi di eguaglianza. Sono tutti aspetti che portano a carichi sanzionatori molto cupi da maxi processi. “Il Re è nudo” ha concluso e speriamo che “non finisca come nella favola di Andersen in cui il bambino che dice la verità viene preso a bastonate”.
Antonello Ciervo di Unitelma, Sapienza Università di Roma ha aperto il suo intervento collocando le vicende italiane nel contesto internazionale, citando le contraddizioni del Consiglio dei Ministri sui dazi di Trump proprio nello stesso momento in cui si decideva la trasformazione del Decreto Sicurezza in Legge per “reprimere oggi quelli che domani protesteranno quando i dazi saranno applicati”. Ha continuato soffermandosi su punti particolarmente contradditori presenti in vari articoli della Legge che forzano sistematicamente aspetti legislativa all’interno di una logica che non è solo una patologia securitaria ossessiva ma il punto di partenza per un complessivo disegno di modifica costituzionale verso uno stato autoritario.
Paolo De Stefani dell’Università di Padova ha illustrato approfonditamente le preoccupazioni contenute nelle comunicazioni dei Relatori speciali dell’ONU in riferimento al Decreto Sicurezza. Un intervento molto utile sia per capire meglio le dinamiche sottese all’operato di questi esperti indipendenti che agiscono all’interno delle strutture dell’ONU sia per riflettere su come utilizzare efficacemente il piano internazionale nelle vicende giuridiche nostrane. La relazione ha illustrato in maniera precisa in particolare l’operato del Relatore Internazionale in tema di diritto all’abitare.

A seguire si è svolto il secondo panel in cui sono intervenuti esperti penalisti sempre coordinato da Paola Degani che ha intervallato gli interventi sottolineando gli spunti per analizzare i problemi posti dalla Legge in maniera efficace a contrastare il clima politico complessivo.
Il primo a prendere la parola è stato Antonio Cavaliere dell’Università di Napoli constatando positivamente come sui punti critici della Legge ci sia attenzione comune da parte di professori di Diritto penale, magistrati come quelli dell’ANM e avvocati delle Camere Penali. Voci critiche da fronti diversi che fanno ben sperare per un contrasto articolato alle logiche sottese dalla legge. Si tratta di mettere in campo un piano culturale per affermare il valore di una sicurezza reale non solo di misure atte a rassicurare in maniera simbolica l’opinione pubblica. Approfondire la critica sul piano legislativo complessivo afferente all’uso dei decreti legge che ha ricordato dovrebbero essere basati su necessità e urgenza come fondamenti non solo da enunciare ma da dimostrare. Riaffermare l’uso del diritto penale come arma estrema non come supplenza ad un generico concetto di legalità usato per altri fini. L’intervento ha affrontato i temi come il principio di offensività, la proporzione della pena per affrontare non in maniera generica gli aspetti di legittimità costituzionale delle norme approvate.
Gian Luigi Gatta dell’Università Statale di Milano, Presidente dell’Associazione dei Professori Penali ha aperto il suo intervento analizzando come ci troviamo in un contesto di populismo non solo in Italia e come viviamo in un tempo di campagna elettorale permanente che porta alla continua enfatizzazione mediatica degli argomenti. I penalisti dovrebbero diventare nuovi virologi a cui si chiede di risolvere ogni male in una situazione in cui l’obiettivo per i politici è creare, mantenere il proprio consenso nell’opinione pubblica. Mantenere saldi principi fondamentali come la libertà del dissenso, la necessità della legittimità costituzionale delle norme è quanto mai importante in un momento in cui si vuol far valere una sorte di delegittimazione 2.0 della Carta Costituzionale così come della Magistratura.
La mattinata è stata chiusa dall’intervento di Chiara Pigato dell’ASGI che ha portato l’attenzione su alcune norme specifiche riguardanti i migranti nell’accezione più ampia. In particolare ha ben illustrato come la norma riferita alla vendita di SIM telematiche a cittadini stranieri colpisca i richiedenti asilo, una categoria che internazionalmente è riconosciuta come da tutelare. Ha poi concluso toccando anche il tema della criminalizzazione delle proteste nei CPR. Aspetti inquietanti nel tentativo costante di esternalizzare fino all’invisibilità soggetti specifici per spostare problemi reali sempre più lontano dai nostri occhi.
Alla conclusione della mattinata abbiamo chiesto a Paola Degani un breve commento sui lavori.
PAOLA DEGANI
Il convegno ha proposto una riflessione sul DL sicurezza, oggi Legge sicurezza che si è declinata sul piano concettuale, teorico ed anche esaminando le potenziali implicazioni dal punto di vista dei profili di legittimità costituzionale nonchè dal punto di vista del profilo penalistico delle nuove norme.
Il primo panel ha riguardato una serie di interventi inerenti i profili costituzionali che vengono toccati dalla Legge. Profili che peraltro intersecano la rilevanza penale. Proprio il tema della rilevanza penale è stata oggetto specificamente del secondo panel che si è concluso con un intervento specifico in materia di migrazione visto che anche questo Decreto legge oggi Legge non ha omesso di prendere in considerazione in chiave restrittiva talune condizioni che riguardano esplicitamente i soggetti stranieri presenti nel nostro territorio.
Due momenti di approfondimento contigui assolutamente prossimi l’uno all’altro e direttamente correlati. Il primo più attento alle norme costituzionali e ad una loro lettura alla luce del Decreto legge introdotto e la seconda parte invece più vicina, direttamente esplicitativa delle questioni rilevanti sul piano penale.
Il pomeriggio sarà dedicato ad un confronto tra avvocati su quali possono essere le strategie con cui affrontare la casistica che si sta già creando con questa nuova Legge.
Dopo la pausa con il buffet curato dalle storiche Cucine Popolari di Padova allestito negli accoglienti spazi del Centro è iniziata la parte pomeridiana, in cui i numerosi interventi hanno dimostrato la voglia di contendere nelle aule di Tribunale dotandosi degli strumenti e suggerimenti stimolati dalla prima parte della giornata.

A Giuseppe Romano, che insieme a Aurora d’Agostino ha coordinato i lavori pomeridiani abbiamo chiesto un veloce commento.
GIUSEPPE ROMANO
Abbiamo cercato di tradurre da un punto di vista concreto le numerose ed interessanti sollecitazioni della mattina.
Come primo punto da affrontare ci pare utile cercare di capire la tempistica di presentazione delle questioni di legittimità costituzionale. Tecnicamente si potrebbero presentare anche nell’udienza detta pre-dibattimentale, una specie di udienza filtro, dove però c’è il rischio che alcuni giudici ritengano di non poter procedere rimandando la questione all’esito. Questo comporterebbe lo scivolamento anche di anni; il che vale in assoluto anche per altri fasi del dibattimento. Sollevare davanti ai giudici territoriali dei dubbi che le norme siano in contrasto con la Carta Costituzionale significa che se un giudice accoglie le eccezioni, le deve trasmettere a Roma alla Corte Costituzionale per vagliare la legittimità delle disposizioni e sappiamo che per vari motivi l’iter diventa molto lungo. Questo è un problema reale nel momento in cui queste norme vengono applicate e creano inevitabilmente un tentativo di influenzare le proteste nelle piazze etc… La tempistica di presentazione diventa fondamentale e c’è la necessita di accelerare la discussione per capire dove proporre le questioni.
Abbiamo poi affrontato diversi temi sullo stimolo degli interventi della mattina.
Il principio di offensività in riferimento ad esempio al blocco stradale o alla resistenza passiva in carcere come condotte che potrebbero essere sospette proprio di mancare di quella offensività che la Costituzione richiede nella normazione penale.
La tassatività, chiarezza e determinatezza di scrittura delle norme. Noi stessi, che ci occupiamo spesso di processi contro attiviste e attivisti del diritto all’abitare, non abbiamo capito se colui che entra in una casa abbandonata, magari forzando la porta, elemento questo di violenza richiesta dalla norma, risponderà del vecchio reato di invasione o del nuovo reato di occupazione di domicilio. La nuova norma parla non solo di domicilio, il che farebbe pensare che chi entra in una casa abbandonata non commette reato, ma anche di immobile destinata a domicilio. Possiamo supporre che per qualche Pubblico ministero anche una casa abbandonata potrebbe essere ritenuta destinata a domicilio. Si capisce bene che c’è un reale problema di interpretazione. Se noi che siamo tecnici di questo tipo di reati abbiamo dei dubbi tanto più il cittadino sarà in grave difficoltà a capire in quale norma potrebbe ricadere. Si crea un vulnus che a potrebbe avere a che fare con la violazione proprio del principio di conoscibilità e determinatezza fondante quando si scrivono le norme. Una scrittura volutamente opinabile, che si presta a interpretazioni discutibili, vale per altri aspetti della legge e va sottolineata tanto più se si creano sovrapposizioni normative di difficile comprensione.
L’importanza di capire e socializzare le forme migliori con cui utilizzare la normativa internazionale nelle nostre attività difensive.
I molti interventi di colleghe e colleghi hanno arricchito il dibattito aggiungendo altri temi importanti. Ne citiamo solo alcuni.
La questione delle body cam della polizia: non essendoci una chiara normativa sulla loro attivazione questo potrebbe inquinare i vari procedimenti con una narrativa puramente accusatoria ed in più c’è l’aspetto della non accessibilità delle registrazioni nella loro completezza.
L’ installazione delle Zone Rosse già impugnata da alcune Camere penali.
L’esercizio del diritto ad usare le scriminanti. Per esempio per i blocchi stradali nelle lotte della logistica esiste già una giurisprudenza favorevole sulla contrapposizione tra alcuni diritti riconosciuti come quello di sciopero e alcuni fatti che si inseriscono in questo diritto. Non occorre andare in Corte Costituzionale perché ci sono già sentenze di assoluzione in cui il giudice ha proceduto con l’assoluzione perché i sindacati esercitano il loro diritto allo sciopero anche se fermano dei mezzi di trasporto. Queste sentenze vanno conosciute e fatte circolare.
E’ emerso un tema di profonda preoccupazione in merito alla questione casa-occupazioni quando il legislatore vede come reati l’intromissione e cooperazione, perché se per la prima fattispecie si può forse intuire che ci si riferisca a chi partecipa ad iniziative di sostegno alle occupazioni o a blocchi degli sfratti la seconda non si capisce se è riferita addirittura a forme come gli sportelli di consulenza. Un pomeriggio ed una giornata intera caratterizzata da un buon clima di condivisione fondamentale nel momento in cui diversi attori del mondo del diritto, del mondo penale si stanno confrontandosi su questi temi.

La giornata si è chiusa con gli interventi dei Co-Presidenti dei GD Aurora d’Agostino e Roberto Lamacchia.
ROBERTO LAMACCHIA
Per trent’anni quando se ne presentava il caso non ho mai smesso di sollevare la questione che prima di caricare i manifestanti ci doveva essere un preventivo avviso di scioglimento della manifestazione, per la precisione accompagnato da squilli di tromba, avviso al megafono, fascia tricolore.
Per dovere di cronaca in trent’anni ho visto solo una volta in cui un Pubblico ufficiale si è messo la fascia tricolore, ha preso un megafono, dato l’avviso e poi ha massacrato i manifestanti. In tutti gli altri casi non è mai stato dato nessun avviso, le cariche ci sono sempre state e i manifestanti sono stati massacrati ugualmente. Ho sollevato la questione per trent’anni e mi sono sentito dire che gli squilli di tromba erano anacronistici come lo stesso megafono. Ho tenuto il punto perché anche se squilli e megafono non c’erano almeno bisogna dirlo a voce. Ma in ogni caso l’eccezione veniva respinta.
Due anni fa circa incredibilmente ho trovato un giudice che ha detto che non c’era nulla che impedisse al pubblico ufficiale responsabile di dire “la vostra manifestazione in questo momento è diventata illegittima vi dovete sciogliere se non vi sciogliete caricheremo” e per questo il Tribunale ha assolto tutti gli imputati.
Questo per dire che tenere il punto penso sia importante perché qualcuno mi deve dire la ragione per la quale non abrogano il Testo Unico di Pubblica sicurezza visto che se il Testo continua ad esistere mi pare che sia pacifico che deve essere applicato laddove dice che è illegittimo qualunque uso della forza che non sia preceduto dall’invito ai manifestanti a demordere dal loro comportamento.
Ho fatto questo esempio per invitare tutti ad insistere sulle nostre teorie che riteniamo fondate. A mio avviso è questo lo spirito che ci deve animare.
AURORA D’AGOSTINO
Sono molto contenta dell’incontro di oggi, perché è stato un incontro tra il formale e l’informale che ha approfondito molti aspetti.
In sintesi mi pare di poter affermare che ci troveremo davanti nella nostra attività legale a scontrarci con norme a favore della poliziai e a sfavore qualunque forma di opposizione. Faremo più che altro processi per resistenza e lesioni aggravate a Pubblico ufficiale. In trent’anni ne ho fatti molti di processi per resistenza pubblico ufficiale però oggi cominciano ad avere una piega, una pesantezza diversa.
Credo che se il nostro obiettivi in quanto legali sia evitare la prospettiva della pena e del carcere per più gente possibile sia anche necessario oggi più che mai fare un lavoro anche culturale. Sottolineo l’aspetto del piano culturale complessivo, che veniva richiamato negli interventi di questa mattina, perché ci sono aspetti che perfino noi abbiamo introiettato con il passare del tempo. La questione manifestazione autorizzata o non autorizzata, il fatto che sia legittimo o meno manifestare e altri aspetti che abbiamo lasciato passare. Su questo non esito a fare autocritica. Mi riferisco a Daspo, fogli di via che oggi vediamo applicati in molte situazioni e che all’inizio quando venivano sperimentate per prima cosa sulle tifoserie non abbiamo affrontato con la dovuta attenzione perché riguardavano soggetti diversi di cui francamente non ci occupavamo. Proprio perché una determinata prassi, un determinato istituto si consolida su un soggetto specifico e poi viene esteso a molti è importantissimo bloccare alcune cose fin dal principio.
Due giorni di prognosi per un Carabiniere – e sappiamo che due giorni al Pronto Soccorso non si negano a nessuno – valgono due anni di carcere per un imputato. In questo scenario dobbiamo riportare l’attenzione su concetti base, affrontare con caparbietà il discorso sul valore di autorità, sull’autoritarismo, sulla legalità e illegalità.
E’ importante fare anche un discorso riguardo alle forme della resistenza. Nel nostro recente passato ci sono state ben altre espressioni di piazza, di manifestazioni e se si fossero usati i parametri che vogliono imporre oggi avrebbero dovuto “fucilare in pubblica piazza” un sacco di gente. Per cui riacquistare un minimo di sano ragionamento su aspetti come la penalizzazione della resistenza passiva, della resistenza non violenza penso sia un elemento utile per scardinare immediatamente quello che vogliono imporre con le norme di cui stiamo parlando. Anche perché se lasciamo passare queste norme che cercano di inserire per i carceri e i migranti non tarderemo a vedere che verranno estese a tutte quante le situazioni.
Dobbiamo fare dei veri picchetti contro la deriva autoritaria che sta avanzando, se no non ne usciamo.
Vi ringrazio di questa giornata in cui si è percepito un interesse, una passione reale.
Ricordo per chi ancora non lo sapesse che c’è anche un buon numero di avvocate ed avvocati, impegnate ed impegnati a vario titolo nella difesa delle diverse forme di movimento, che sta cercando di creare una rete che possa essere utile quantomeno a fare circolare le sentenze positive e a far conoscere anche i provvedimenti negativi per ragionare insieme sulle forme di critica da portare.
Si percepisce un bel clima di collaborazione. Non lo vedevo da parecchio tempo, l’ultima volta che ho visto qualcosa di simile penso sia stato all’epoca del processo di Genova o sulla Tav che essendo processoni collettivi costringevano a ragionare insieme. La differenza è che oggi non stiamo parlando necessariamente di processoni collettivi ma invece di difesa collettiva di situazioni analoghe, magari anche individuali. E’ importante proprio oggi la condivisione e per questo ringrazio chi si è fatto maggiormente carico di avviare questo percorso.
Usciamo da questa giornata con la contentezza del bel clima tra di noi che va coltivato e mantenuto.
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