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TORNIAMO A BUDAPEST, PER ILARIA SALIS
Redazione 24 marzo 2024 09:35
Il 28 marzo si terrà l'udienza "istruttoria" —anticipata rispetto alla precedente fissazione— del processo in Ungheria contro Ilaria Salis e altri due coimputati. Come due mesi fa, saranno presenti, come osservatori per la nostra associazione, Aurora d'Agostino e Giuseppe Romano. Qui alcuni elementi di riflessione ed un riepilogo della situazione verificata in occasione dell'udienza del 29 gennaio scorso.
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Il prossimo 28 marzo saremo a Budapest per seguire il processo a Ilaria Salis per le prime escussioni testimoniali.

Al contrario della prima udienza —ove eravamo un minuto gruppo di avvocati— si preannuncia una folta delegazione di giuristi ma anche politici ed esponenti della società civile; questo anche in virtù dell’enorme scalpore ed interesse mediatico che ha incontrato finalmente la vicenda della giovane attivista in regime di massima sicurezza da più di un anno per delle asserite lesioni lievi a tre neo nazisti.

Al termine della scorsa udienza dibattimentale, come osservatori dei Giuristi Democratici avevamo evidenziato almeno sette motivi di allarme che contraddistinguono il procedimento —qui il report:  https://www.giuristidemocratici.it/Comunicati/post/20240129203002.

C’è poi il profilo che più ha colpito l’opinione pubblica, ovvero la traduzione in catene di Ilaria al cospetto del Giudice.

Ora ci soffermiamo brevemente anche su questo punto. Il sorriso con cui l’imputata è entrata (nonostante tutto) in aula, oltre a produrre un'evidente forza mediatica, ci dovrebbe far riflettere su come in realtà coloro che hanno insistito sul punto lesione / mortificazione della dignità hanno colto nel segno, ma solo parzialmente. Intanto il sorriso della detenuta rende plasticamente l’idea di come la traduzione in vinculis non è che una (nemmeno la peggiore) tra le umiliazioni impartitele nell’anno carcerario; ma —soprattutto— il presentare un imputato in ceppi mani e piedi viola palesemente la presunzione di innocenza che deve caratterizzare il processo nei paesi europei:   

la direttiva n. 343 del 2016 dell’Unione europea, all'art. 5 impone agli Stati membri di adottare «le misure appropriate per garantire che gli indagati e imputati non siano presentati come colpevoli, in tribunale o in pubblico, attraverso il ricorso a misure di coercizione fisica».

Infliggere i segni tipici della pena prima del processo crea una situazione di pre-colpevolezza non ammissibile.

Vogliamo porre questi temi a fronte della possibilità (previsione) che alla prossima udienza l’imputata venga presentata in udienza libera (sarebbe davvero il minimo delle speranze). L’ipotesi è possibile perché la decisione è di competenza della Polizia penitenziaria, che dipende dal governo. Il clamore mediatico od il contesto che da più parti viene definito amicale tra il nostro governo e quello ungherese potrebbe agevolare questa ipotesi. Se ciò accadesse, tuttavia, sarebbe certo risparmiato un ulteriore trattamento disumano all’imputata ma non cambierebbe il profilo sopra evidenziato il cui danno al processo con Giudice terzo è già prodotto. Questo ci riporta ai sette profili richiamati nel nostro precedente report che preoccupano per la prognosi di un processo che dovrebbe vedere il nostro apparato politico e istituzionale impegnato per a tutela di due principi cardine della convenzione europea dei diritti dell’uomo: diritto a un processo equo (art. 6) e diritto alla libertà (art. 5) a fronte di una custodia cautelare estrema sproporzionata.

Se invece il 28 marzo Ilaria Salis fosse ancora tradotta incatenata mani e piedi e con guinzaglio dalla Polizia, il fatto testimonierebbe non solo l’incapacità di influenza anche minima del nostro apparato a ottenere una condizione basilare, ma anche un ulteriore sfregio alle regole comunitarie che come osservatori e Giuristi Democratici non dobbiamo tollerare.


Aurora d’Agostino, Giuseppe Romano

Osservatori GD al processo Salis