Droghe, che fare?  Abbiamo un piano. Intervista a Pino di Pino, Presidente di ITARdD

Droghe, che fare?  Abbiamo un piano. Intervista a Pino di Pino, Presidente di ITARdD

Il 7 e l’8 novembre 2025 si è tenuta a Roma la VII Conferenza Nazionale sulle Dipendenze, organizzata dal Governo. Un evento ufficiale previsto dalla normativa finalizzato ad aggiornare ogni tre anni la situazione del fenomeno delle dipendenze, la risposta del sistema dei servizi e le indicazioni generali d’azione.

Negli stessi giorni della Conferenza ufficiale si è svolta sempre a Roma la Contro-Conferenza nazionale sulle droghe autoconvocata organizzata da numerose associazioni, reti, Enti Locali, realtà in prima linea che non sono state volutamente invitate alla Conferenza ufficiale.

Per capire le motivazioni della Contro-Conferenza, approfondire i danni che le politiche governative stanno causando abbiamo intervistato Pino di Pino, Presidente di ITARdD rete di operatori, operatrici, persone che usano droghe, associazioni e enti locali che promuove, sostiene e difende la riduzione del danno in Italia.

L’intervista offre un panorama dei temi trattati nella Contro Conferenza, le cui proposte finale sono contenute in un Piano sulle droghe e si conclude suggerendo alcuni terreni d’iniziativa su cui sarebbe importante aprire il confronto anche nel mondo giuridico per contribuire ad un cambiamento di rotta: l’abolizione delle sanzioni amministrative, la regolazione dei mercati e una maggiore accessibilità delle misure alternative alla detenzione.

INTERVISTA A PINO DI PINO

  • Puoi spiegarci le motivazioni della Conferenza alternativa?

Si è resa necessario organizzare la Contro Conferenza per diverse ragioni.

Questo Governo prima della Conferenza governativa sulle droghe aveva già presentato il suo bigliettino da visita con una serie di provvedimenti,  come il Decreto anti-rave, il Decreto Caivano, l’inasprimento delle pene per i fatti di lieve entità legati al traffico di droghe, la proibizione del CBD. Tutte scelte che avevano già evidenziato chiaramente la sua linea politica sulle droghe. Inoltre, nonostante la disponibilità delle associazioni che poi hanno vita alla Contro Conferenza a partecipare ai tavoli preliminari, così come era stato nel 2021 con la Ministra Dadone,  tutte queste realtà non sono state coinvolte nel percorso della Conferenza governativa. Stiamo parlando esperienze della società civile come Itardd o Itanpud rete delle persone che usano droghe. Nella preparazione della Conferenza sono state completamente escluse le voci di chi le droghe le usa. Voci che invece nella conferenza del 2021 erano state ampiamente rappresentate nei tavoli preliminari e durante la Conferenza.

Di fronte a questo atteggiamento di esclusione, ad una generale impostazione criminologica e patologica sulle droghe ed avendo il governo chiarito fin dal principio che l’approccio della riduzione del danno sarebbe stato escluso dalla Conferenza, ci è sembrato logico organizzare uno spazio che contrastasse questa visione delle politiche sulle droghe.

  • Nella presentazione della Contro Conferenza si è scelto di dire chiaramento “abbiamo un piano per le droghe” . L’idea è stata quella di dar vita ad un momento non solo di critica a quello che non fa il governo ma anche per proporre un punto di vista non solo teorico ma anche pratico d’azione differente. Cosa intendete quando parlare di un vostro Piano per le droghe?

Il nostro piano viene portato avanti ogni giorno dalle persone che lavorano nei servizi sia pubblici che del privato sociale che fanno la riduzione del danno. E’ il piano che agiamo quando si tratta di prendersi cura delle persone e si fonda sulla libertà di scelta, l’autodeterminazione, il rispetto della dignità umana e dei diritti umani.

Quando si parla di leggi e legislazioni è un piano che, anche riferendosi ad alcune esperienze internazionali che sono state anche invitate, affronta il tema della regolazione legale delle sostanze stupefacenti con un approccio laico e scientifico. Il grosso dei danni delle droghe è prodotto dal proibizionismo, dal fatto che le droghe siano illegali. Ovviamente figuriamoci se il governo Meloni poteva mettere queste cose all’ordine del giorno della Conferenza. 

  • In generale su tanti aspetti da parte del Governo c’è un proliferare di decreti, leggi, leggine, norme che vanno ad appesantire una impostazione generale riassumibile come “tutti in carcere. Punto.” di qualsiasi cosa si stia parlando. Sul tema delle sostanze, quali sono le normative peggiorate dal governo? Sul tema delle sostanze, quali sono le normative peggiorate dal governo?

Non solo da parte di questo governo ma in generale da parte del sistema penale italiano l’accesso alle misure alternative dovrebbe essere completamente ripensato. Le persone detenute e che sono tossicodipendenti o che comunque usano droghe dovrebbero avere la possibilità di accedere prima possibile alle misure alternative, non solo dopo aver scontato un certo periodo di pena, domiciliari piuttosto che inserimenti in comunità terapeutiche.

D’altronde questo governo proibisce sostanze come la CBD che non hanno nemmeno alcun effetto psicotropo.

Se pensiamo che un terzo dei detenuti in Italia dichiara di fare uso di droghe ed è entrato in carcere perché usa droghe, mettere mano all’aspetto penale è un altro aspetto fondamentale se vogliamo effettivamente che le persone possano prendersi cura di sé. Sappiamo bene che il carcere non è di certo il posto in cui uno può prendersi cura di sé.

C’è una continua tensione panpenalista. Continuare ad aumentare le pene insieme alla pressione penale su comportamenti sociali è decisamente una strategia notoriamente della destra italiana e forse non solo.

Pensiamo all’esponenziale aumento di detenuti minori frutto del decreto Caivano. Fino a un anno o due fa avevamo le carceri che esplodevano ed ora cominciamo ad avere anche gli istituti di esecuzione penale minorile che esplodono. Un parallelismo preoccupante lo si può vedere nei fatti come quelli successi al Beccaria di Milano. Le stesse violenze che sono perpetrate nelle carceri per adulti cominciano a esplodere anche nelle carceri per minori. Al di là del fatto che se sei un aguzzino, sei un aguzzino bisogna anche riflettere che diventi un aguzzino forse anche più facilmente in un contesto di continua pressione e sollecitazione. Un altro grave aspetto è che cominciano a suicidarsi anche minori detenuti.

In generale sappiamo che le droghe sono usate sempre come un pretesto:  difendere la società dalle droghe e da chi le vende è sempre stato il pretesto per aumentare la pressione penale,  adesso addirittura nei confronti dei minori.

  • L’ impostazione che passa attraverso l’appesantimento delle pene e il carcere – pensiamo per esempio anche alle misure del codice stradale – è un fenomeno italiano che in qualche maniera riverbera una tendenza europea o viceversa è un fenomeno italiano che va contro una sorta di tendenza generale europea?

È una tendenza italiana che smentisce non solo una tendenza europea, ma una tendenza globale. 

L’esempio più eclatante di ciò che sta succedendo a livello internazionale potrebbe essere rappresentato dagli Stati Uniti d’America. Prima che si affacciasse Trump, nell’arco di cinque anni hanno cambiato completamente la loro posizione passando dall’essere lo Stato capofila della “guerra alla droga”, che fu lanciata proprio da Nixon nel 1961 con la Convenzione di New York, a essere la federazione nella quale più Stati legalizzano e regolamentano le droghe. Non stiamo parlando solo di marijuana visto che ci sono Stati americani che hanno regolamentato gli psichedelici. L’amministrazione Biden aveva investito 4 miliardi di dollari nella riduzione del danno, ci sono stanze del consumo a New York e in altre città americane.

Ci sono paesi come la Nuova Zelanda che regolamenta gli stimolanti, paesi come la Colombia in cui è depositato un disegno di legge per regolare la produzione e la vendita della cocaina, in Uruguay continuando ciò che è stato fatto da Moïjca in materia di legalizzazione, la marijuana è monopolio dello Stato.

In Europa il Governo italiano è ancor più isolato.

La strategia sulle droghe dell’Unione Europea si basa sulla riduzione della domanda, quindi tutti quei servizi e strategie che servono a far sì che le persone non si droghino o smettano di drogarsi, ovvero prevenzione e cura oltre che riduzione dell’offerta.

Il Governo italiano come riduzione dell’offerta si limita a incentivare pattuglie in strada che pescano solo pesci piccoli, che molto spesso sono vittime della violenza delle grandi organizzazioni criminali. Nelle carceri ci sono questi detenuti e non i grandi trafficanti. Per cui la scelta del Governo italiano è una scelta che non ha senso. La cosidetta “guerra alla droga” l’abbiamo persa almeno vent’anni fa. Sul fatto che sia ora di smettere di combattere la “guerra sulla droga” ci sono diverse sollecitazioni e ne voglio ricordare solo due. La prima è quella dell’Alto Commissariato ONU per i diritti umani, ospite alla Contro Conferenza, che sottolinea come la guerra alla droga è comunque una violazione dei diritti umani perché per esempio impedisce a chi si droga molto spesso di accedere ai servizi che si occupano della salute, La seconda è la dichiarazione conclusiva della Conferenza dell’ONU di Vienna dell’anno scorso, sottoscritta anche dall’Italia, fortemente condizionata dal fatto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Alto Commissariato ONU per i diritti umani stanno dicendo la loro sulle strategia e le politiche sulle droghe,  che parla di accesso alla salute e al benessere, di riduzione del danno e di decriminalizzazione dei consumi di droghe.

  • Finché le droghe restano illegali si producono guadagni che fanno di questo lucroso traffico uno dei pilastri del Pil Mondiale. Perciò il concetto di “guerra alla droga” dovrebbe essere un’autoguerra di chi governa e di chi ha la ricchezza praticamente contro se stesso.

Sì tanto più che l’alta finanza, che poi condiziona pesantemente le politiche statali e globali, è a dir poco infiltrata dalle gigantesche organizzazioni di narcotraffico.

  • In conclusione volevamo chiederti se dalla Contro-Conferenza sono emersi temi che potrebbero essere occasione di impegno da parte del mondo giuridico?

La prima cosa che può interessare i giuristi è l’appello a un fronte sempre più ampio che, come dire, promuova referendum o iniziative di legge popolare per abolire le sanzioni amministrative.  Che una persona perda la patente se viene sorpreso in possesso di droghe anche se non è alla guida, è un’ingiustizia incredibile. Su questa specifica questione la rete che ha promosso la Contro Conferenza ha intenzione di costruire delle iniziative nel prossimo futuro. 

La seconda cosa è la regolazione dei mercati, cioè pensare a delle soluzioni e delle iniziative che legalizzino le droghe, quantomeno a cominciare dalla marijuana ma senza fermarsi solo a questa sostanza. 

La terza cosa che può interessare i giuristi è l’appello condiviso da tutta la Contro Conferenza a pensare come rendere più accessibili e più facili le misure alternative perché le carceri non si riempiano di persone che ci arrivano per delle difficoltà sociali dettate dallo stigma e dalla criminalizzazione. E’ un meccanismo perverso: finisci in carcere per un comportamento individuale che non nuoce a nessuno e lì impari a fare il delinquente vero. Sei costretto, come dire, a finire in un vortice, a rimanere inchiodato nella tua posizione che non è di consumatore di droghe ma di soggetto marginale, vittima di violenza giuridica istituzionale.

Reazioni nel fediverso