LA FORMAZIONE PROFESSIONALE SULLE VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI IN ATTO IN PALESTINA È INDIGESTA

LA FORMAZIONE PROFESSIONALE SULLE VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI IN ATTO IN PALESTINA È INDIGESTA

Abbiamo assistito in questi giorni con progressivo stupore ed indignazione all’evolversi delle polemiche e delle decisioni succedutesi intorno all’evento organizzato dal Consiglio Nazionale Forense e dalla Scuola Superiore dell’Avvocatura titolato “La violazione dei diritti umani a Gaza e nei territori occupati”, in programma il 4 settembre, con il riconoscimento di 3 crediti formativi,  inizialmente in presenza (e online) e con la partecipazione dell’avv. Francesco Greco, Presidente CNF, dell’avv. Giampaolo Brienza, consigliere CNF e Vice Presidente SSA, intervento introduttivo dell’avv. Leonardo Arnau (Presidente della Commissione Diritti Umani del CNF e dell’OIAD) e in qualità di relatrici della “Special Rapporteur on the Palestinian territories occupied since 1967” del “UN Human Rights Council” Francesca Albanese e dell’avv. Barbara Spinelli, componente della Commissione Diritti Umani del CNF, nostra iscritta e Copresidente di ELDH.

Le polemiche, aperte dall’AGE (Associazione giuristi ebrei) con la contestazione sostanzialmente basata sulla “parzialità” dell’evento e la pretesa di annullamento dello stesso o di “integrazione del contraddittorio” (quasi si trattasse di una tribuna elettorale), hanno raggiunto livelli davvero preoccupanti e inaccettabili e sono state ovviamente rinfocolate e fatte proprie dalla stampa più reazionaria.

La scelta del CNF è stata quella di assecondarle, di fatto, con l’integrazione degli interventi programmati affidata a due soggetti indicati dalla lobby avversa all’evento: un sedicente storico e un esponente politico di Forza Italia (ex europarlamentare e vicepresidente della Delegazione per le relazioni con Israele, avvocato in materia di commercio e piccole imprese). Ciò che è peggio, con revoca dei crediti formativi precedentemente riconosciuti, a maggior riprova, se necessario, dello snaturamento dell’evento di fatto non più connotato in chiave giuridico-formativa bensì storico-politica.

Questa decisione è stata accolta con sbigottimento da molti avvocati e avvocate e dalle loro associazioni, tra cui la nostra; sono in corso ancora in queste ore comunicati e adesioni a mozioni di protesta per l’avvenuto, che attestano la sensibilità dei giuristi rispetto ai temi legati alla salvaguardia dei diritti umani internazionalmente riconosciuti, del diritto internazionale umanitario cosi come del diritto internazionale penale. Cionnonostante, Francesca Albanese aveva risposto con grande correttezza e dignità a queste modifiche imposte e non concordate, anteponendo alla doverosa indignazione per il trattamento nei confronti della sua figura istituzionale “il rispetto per l’avvocatura italiana e la necessità di dar voce a ciò che accade in Palestina…”.

Giunge ora l’ultimo aggiornamento, per cui l’evento si svolgerà solo in forma telematica e non in presenza, “per motivi di ordine pubblico”. Ecco, se servisse ancora una riprova della pretestuosità delle polemiche dell’AGE e dei suoi sostenitori, e della drammatica erroneità della decisione di assecondarle, crediamo si sia raggiunta: la presenza di una rappresentante più che qualificata di un organismo dell’Onu che riveste il ruolo di Special Rapporteur dal 2022, in un seminario giuridico sui diritti umani diventa problema di ordine pubblico, e le autorità di P.S. ritengono evidentemente di non essere in grado di assicurarne l’incolumità dai contestatori (certo non dai Colleghi e Colleghe che si erano iscritte a un evento formativo molto importante). Insomma, una resa totale.

È una vicenda invero inquietante, che si inserisce in una complessiva ignavia istituzionale non scevra da ricadute drammatiche, evidenti al mondo intero, nella difesa dei diritti umani in Palestina e nei Territori occupati. Una inazione ingiustificabile alla luce delle decine di migliaia di civili uccisi dall’esercito israeliano, dalla carestia indotta, dalle pretese di deportazione e di annessione contro cui il nostro governo si limita a balbettare che forse è ora di fare qualcosa (cosa?) contro i coloni più violenti, ma in sede europea si oppone alla sospensione dei trattati commerciali con l’Israele del criminale di guerra Netanyahu. Silenti, mentre Trump (come Orban, e ovviamente il governo israeliano) arrivano a osteggiare apertamente l’Onu e i suoi rappresentanti (come la Corte Penale Internazionale, d’altra parte) addirittura sanzionandoli.  

Quella stessa inattività istituzionale che a tutt’oggi, nonostante le decisioni del Tribunale di Roma, impedisce a cittadini palestinesi a cui è stato riconosciuto il diritto all’ingresso nel nostro paese di esercitarlo e che nulla oppone alle minacce del ministro Ben Gvir di arresto e detenzione dura nei confronti dei solidali della Global Sumud Flottilla.

Il diritto internazionale umanitario è morto, dice qualcuno. Sicuramente non gode di buona salute, così come peraltro la democrazia alla quale sono riconducibili le regole che discendono dall’accettazione dei valori di libertà ed eguaglianza e poi di dignità e solidarietà, oggi ricompresi nel complesso sistema dei diritti umani. Occorre perciò uno sforzo imponente per riaffermare la cogenza e l’attualità di queste e per difendere i principi che sono alla base del legame tra democrazia e diritto. Noi ci siamo e ci saremo il 4 settembre a sostenere l’importanza della conoscenza e dell’azione giuridica a difesa dei diritti umani in Palestina.

2 settembre 2025

ASSOCIAZIONE NAZIONALE GIURISTI DEMOCRATICI

Reazioni nel fediverso