Proponiamo alcune brevi note di raffronto ad una prima lettura tra il Disegno di Legge Sicurezza e il testo attualmente disponibile del Decreto, a cura dell’Avv. Cesare Antetomaso
Cosa muta? Pare ben poco. Solo sei disposizioni, sulle trentotto previste, sono state lievemente ritoccate. Vediamole.
Art. 13 (proteste contro le infrastrutture pubbliche): qui c’è una puntualizazione del novero degli ‘obiettivi sensibili’. Si passa dalle opere pubbliche o infrastrutture “strategiche” del DDL alle attuali “infrastrutture destinate all’erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici”.
Il punto dolente, ossia l’immotivata aggravante, permane.
Art. 15 (detenute madri): permane la facoltatività del giudice di decidere in merito al differimento della pena nei confronti delle condannate incinte o madri di prole di età inferiore a un anno (e fino a tre anni); si specifica tuttavia che si dovrà eseguire obbligatoriamente la pena qualora si crei situazione di pericolo o la possibilità di reiterazione del reato. Si introduce un nuovo articolo del codice di procedura penale che dispone che la donna in ICAM (istituto a custodia attenuata per madri) che evada o tenti di evadere oppure ponga in essere atti che compromettono l’ordine o la sicurezza pubblica o dell’istituto, venga trasferita in carcere senza la prole.
Art. 19 (violenza, minaccia o resistenza a pubblico ufficiale): cancellato il divieto per il giudice, previsto invece dal DDL, di considerare le circostanze attenuanti.
Art. 26 (rivolte carcerarie o nei CPR): si restringe leggermente l’ambito di applicazione di questo nuovo reato, che andrà ad applicarsi ai soli atti “di resistenza all’esecuzione degli ordini impartiti per il mantenimento dell’ordine e della sicurezza”. Una restrizione più apparente che di sostanza, dal momento che resta la genericità che conduce le “condotte di resistenza passiva” a diventare comunque punibili laddove “impediscono il compimento degli atti necessari alla gestione dell’ordine e della sicurezza” (es.: rifiutarsi all’ordine di uscire dalle proprie celle, all’esterno delle quali talvolta si verificano episodi poco commendevoli). Con pene a dir poco drastiche: fino a sei anni per i partecipanti, fino a dieci per i capi, fino a venti se dalla rivolta derivano lesioni o morte.
Art. 32 (S.I.M. alle persone migranti): non occorrerà il possesso del permesso di soggiorno —come inizialmente previsto nel DDL— ma servirà comunque un documento d’identità per acquistare una scheda telefonica e poter dunque comunicare il proprio arrivo a casa. Con tutte le difficoltà del caso —già note— per chi sbarca nel reperire un documento.
Art. 31 (servizi segreti): la collaborazione richiesta ad Università e pp.aa. da parte dell’intelligence sarà su base facoltativa. Resta però la parte forse più inquietante della norma, la seconda: praticamente, la strategia della tensione da oggi è scriminata per legge, fatto giustamente denunciato con forza dalle associazioni dei familiari delle vittime delle stragi.
Avv. Cesare Antetomaso, Giuristi Democratici
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