Il 15 dicembre 2025 la Corte d’appello di Torino ha disposto “la cessazione del suo trattenimento al CPR di Caltanissetta” di Mohamed Shahin.
Abbiamo chiesto all’Avvocato del Forum di Torino Gianluca Vitale di Giuristi Democratici e del Legal Team Italia, che fa parte del Collegio di Difesa dell’Imam, di raccontarci cosa sta succedendo. Lo ringraziamo per aver spiegato in maniera semplice un iter giudiziario che si presenta complicato.
INTERVISTA A GIANLUCA VITALE
- Partiamo dall’inizio. Cosa è successo?
Tutto nasce il 24 di novembre 2025 con la notifica a Mohamed Shahin, Imam della Moschea di San Salvario a Torino di due provvedimenti: il decreto di espulsione del Ministro per pericolosità per la sicurezza nazionale e la revoca della Carta di soggiorno, il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo. Scatta il Decreto di espulsione con accompagnamento immediato, a cui segue l’udienza davanti al Giudice di pace di convalida dell’accompagnamento. In quella sede Shahin chiede la protezione internazionale. È evidente che non aveva nessun motivo di chiederla prima perché non aveva nessuna idea che potesse esserci un provvedimento di questo genere nei suoi confronti e che quindi che potesse essere spedito in Egitto coattivamente.
A quel punto partono una serie di altri procedimenti, grazie alle modifiche un po’ bizzarre che sono state fatte negli ultimi anni alla legislazione. Vengono investite una serie di giurisdizioni e competenze diverse. Tra queste c’è la Corte di Appello, perché nel momento in cui Shahin chiede la protezione internazionale non si può evidentemente eseguire l’espulsione verso l’Egitto ma il Questore di Torino decide di trattenerlo come richiedente asilo. Viene così deciso il trattenimento a Caltanissetta nonostante noi sappiamo che c’erano posti anche a Torino.
- Shahin viene portato coattivamente a Caltanisetta e lì cosa succede?
Il giorno dopo in suo arrivo va in audizione davanti alla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Siracusa. Ci va in un momento in cui noi avevamo perso le sue tracce visto che per circa 24 ore non abbiamo saputo dov’era e non ci veniva comunicato dove lo stavano portando. Questo si configura come una violazione del diritto di difesa perché non abbiamo potuto assisterlo durante l’audizione davanti alla Commissione territoriale di Siracusa.
Viene fatta la convalida del trattenimento alla Corte d’Appello di Torino come previsto da una delle modifiche avvenute nel post-CPR in Albania.
La Corte d’Appello convalida il trattenimento sulla base delle informazioni che gli sono state fornite nella richiesta di convalida della Questura di Caltanissetta in cui si diceva che Shahin era sottoposto a due procedimenti penali e che la Procura della Repubblica aveva posto un divieto di ostensione degli atti dei procedimenti penali a cui era sottoposto. Il giudice della Corte d’Appello interpreta tutto questo come conferma di pericolo e convalida il trattenimento.
- Cosa avete fatto a questo punto come Collegio di difesa?
Abbiamo agito su diversi piani: un ricorso per cassazione contro la convalida che è stato fissato per il 9 gennaio 2026 e una istanza di riesame del trattenimento.
- Puoi parlarci dei punti in cui si articola l’istanza che poi porterà al provvedimento di liberazione di cui si sta parlando in questi giorni?
L’istanza di riesame del trattenimento è fondata su alcuni elementi nuovi che apprendiamo solamente dopo la convalida.
Uno di questi è la circostanza che riguarda quanto fatto dalla Procura della Repubblica di Torino una volta ricevuta un’informativa della Digos sul discorso tenuto da Shahin il 9 ottobre 2025, quello che è citato anche nel decreto di espulsione e che abbiamo letto virgolettato per stralci su tutti i giornali, in cui avrebbe detto che il 7 ottobre non è stata una violenza. In realtà il discorso è molto più lungo e sostanzialmente credo che sia stato ampiamente frainteso. Lui stesso ha chiarito in seguito come venisse contestualizzato il 7 ottobre del 2023 nella trama della lunga vicenda della Palestina dal 1948 in avanti, prima con la Nakba, le varie guerre e poi con quello che è successo dal 2000, le operazioni Margine protettivo fino a Piombo fuso, e le migliaia di morti civili palestinesi.
Tornado alla vicenda giudiziaria la Procura della Repubblica ricevuta l’informativa sul discorso, iscrive subito il procedimento a modello 45, come fatto non costituente reato. Per quel discorso Shahin non è mai stato iscritto come indagato. Tanto è vero che nella stessa giornata la Procura trasmette gli atti in archivio.
Per quanto riguarda invece il divieto di ostensione scopriamo che non c’è: semplicemente alla richiesta che venissero pubblicati e utilizzati gli atti del procedimento penale per blocco stradale, il PM aveva risposto di stare ancora indagando e per ciò come da articolo 329 di non ritenere che gli atti dovessero essere pubblicati. Chiarita la vicenda abbiamo potuto accedere agli atti del procedimento penale visto che non erano più necessarie altre indagini. Visti gli atti ci rendiamo conto che si tratta di una normalissima manifestazione. Una delle tante manifestazioni in solidarietà con il popolo palestinese che ad un certo punto – non sicuramente per decisione di Shahin che è semplicemente una delle persone presenti all’iniziativa – arriva sul raccordo autostradale Torino-Caselle e per qualche decina di minuti lo interrompe con un blocco. Abbiamo già fatto un interrogatorio chiarendo ulteriormente la posizione di Shahin davanti al Pubblico ministero. Questo è sostanzialmente quello che emerge in riferimento alla questione divieto di ostensione.
Sono stati poi prodotti due presunti contatti di Shahin con soggetti radicalizzati.
Un’identificazione avvenuto a Imperia da parte della polizia stradale nel 2012. Quando Shahin è stato sentito ha chiarito la vicenda dicendo che l’unica cosa che ricordava dell’episodio è che era andato a fare un sermone nella cittadina ligure nel periodo di inizio della guerra in Siria, della primavera siriana. Al ritorno gli era stato dato un passaggio ed erano stati fermati per un normale controllo della polizia stradale in cui erano stati chiesti i documenti. Shahin ha anche chiarito che non sapeva chi ci fosse in macchina e che non conosceva il soggetto di cui si sta parlando, un italiano convertito che si sarebbe arruolato per combattere in Siria dove è morto.
Una segnalazione dovuta a un’intercettazione telefonica di un soggetto poi condannato per apologia di terrorismo che parlando con un’altra persona nel 2018 gli avrebbe detto “se hai bisogno di qualcosa puoi rivolgersi all’imam della moschea di San Salvario”.
- Questi elementi sono quelli che hanno permesso di ripresentare l’istanza?
Sì, sono quelli che hanno permesso di ripresentare l’istanza e soprattutto la circostanza che la Corte d’Appello si era trovata a dover decidere di una persona con due indagini a carico e un segreto istruttorio chissà per che motivo opposto dalla procura mentre, come abbiamo dimostrato, non era questa la realtà.
Abbiamo anche aggiunto nell’istanza tutta una serie di documenti, sia precedenti sia successivi al decreto di espulsione.
Si tratta degli attestati di solidarietà e di conoscenza da parte del mondo cattolico, valdese, che attestano come Shahin sia sempre stata una persona che ha lavorato per il dialogo interreligioso e per l’integrazione tra le comunità. Abbiamo allegato anche elementi precedenti come ad esempio un’iniziativa unica in Italia ovvero la traduzione della Costituzione italiana in lingua araba e la sua distribuzione tra i fedeli della sua moschea. Anche questo un segno di non pericolosità, anzi di perfetto inserimento nei valori del nostro sistema costituzionale.
Alla luce di questi elementi il Giudice valorizza tutto questo quando accoglie le istanze di riesame e dice che ci sono degli elementi nuovi che lo allontanano dal sospetto di pericolosità. Elementi che confermano come Shahin sia perfettamente inserito in un sistema valoriale rispettoso della Costituzione.
- La vicenda giudiziaria non è ancora conclusa, cosa succederà?
C’è un tot di giurisdizioni e di azioni che devono ancora avvenire. Sul Decreto di espulsione abbiamo proposto ricorso al Tar Lazio e avremo udienza il 22 dicembre 2025. Sulla revoca della carta di soggiorno abbiamo proposto ricorso al Tar Piemonte e avremo udienza il 14 gennaio 2026. Contro il rigetto della richiesta di protezione internazionale adottata dalla Commissione territoriale di Siracusa abbiamo proposto ricorso al Tribunale ordinario civile, Sezione immigrazione di Caltanissetta che proprio ieri, poche ore dopo la decisione della Corte d’Appello, ha sospeso il provvedimento di diniego della protezione internazionale. Questo significa che comunque, al di là del fatto che Shahin è in libertà, dismesso dal CPR, è anche inespellibile temporaneamente perché è pendente il ricorso sulla sua richiesta di protezione internazionale.
- In conclusione, come possiamo valutare questa vicenda?
Al di là della complicazione determinata dalla normativa – questo sovrapporsi di giurisdizioni diverse perchè abbiamo due TAR, la Corte d’Appello penale, la Cassazione e il Tribunale civile di Caltanissetta – mi sembra che questa vicenda portata in estrema sintesi sia un segnale molto pericoloso. Sostanzialmente la decisione di espellere Shahin è determinata solamente dal fatto che ha espresso un’opinione, condivisibile o meno.
Il giudice della Corte d’Appello scrive che è moralmente o eticamente sicuramente una descrizione che lui non condivide, parole censurabili. Detto questo, ripeto vanno inquadrate nel contesto complessivo del suo discorso, ma soprattutto restano un’opinione.
Si parla di radicalizzazione, fondamentalismo. Ho sentito che il Ministro Piantedosi ad Atreju ha detto che non importa che sia un imam ma il primo paragrafo fa riferimento alla sua qualifica di imam.
Si sottolinea che ha organizzato diverse manifestazioni in solidarietà con il popolo palestinese. Credo che il solo fatto di citare questo come elemento a sfavore, visto che è nominato in un provvedimento di espulsione per pericolosità per la sicurezza nazionale, è un ulteriore campanello di allarme su come viene interpretata sostanzialmente la libertà di manifestazione del pensiero e su come viene interpretato essere migranti in questo momento in Italia.
Di seguito il provvedimento della Corte d’Appello di Torino





