Nel dicembre 2024 viene approvata dalla Regione Toscana una legge sui Consorzi industriali.
All’Avvocato Paolo Solimeno, dell’esecutivo GD, a partire da questa notizia, che è un nuovo tassello nella lotta del Collettivo di fabbrica – Lavoratori GKN Firenze, abbiamo fatto alcune domande attorno alla legge regionale toscana e in generale sul tema dei licenziamenti collettivi conseguenti alle delocalizzazioni.
L’approvazione prima di Natale 2024 della legge della regione Toscana sui Consorzi Industriali è una buona notizia. Ci puoi tracciare il contesto in cui avviene questa approvazione?
L’approvazione si inserisce nel lungo percorso, ormai quasi 4 anni, iniziato con l’annuncio della dismissione dello stabilimento GKN di Campi Bisenzio. Da allora i lavoratori hanno iniziato la loro lotta, che come GD abbiamo seguito in alcuni passaggi e sempre appoggiato.
Il 9 luglio 2021 la GKN decide di chiudere e fa un primo licenziamento collettivo a cui seguirà nel dicembre 2023 un altro tentativo di licenziamento da parte della nuova proprietà. Tutti e due i licenziamenti collettivi sono stati impugnati dai colleghi del sindacato ed annullati dal giudice del lavoro perchè non erano stati consultati i sindacati o si violavano dei contratti aziendali, degli obblighi di comunicazione, di concertazione con i rappresentanti dei lavoratori, insomma per ragioni procedurali: la legge del 1991 non consente altro, non impedisce le dismissioni. In questi anni si è innescata una situazione in cui i lavoratori sono passati dallo stipendio alla cassa integrazione, da un un proprietario all’altro. La proprietà arrivata dopo Melrose, Borgomeno e QF, aveva promesso una riconversione industriale ma non ha mai mantenuto nessuna promessa. È stata ed è una lotta lunga, complessa. Dei circa 450 lavoratori che hanno iniziato, ora il gruppo che resiste è di circa 180 persone, perchè c’è stato chi si è allontanato, chi ha seguito legittime esigenze personali, chi ha approfittato del prepensionamento.
A quattro anni dall’inizio della lotta ora c’è un progetto industriale del Collettivo di Fabbrica – Lavoratori GKN a cui hanno collaborato tante realtà, ingegnieri, sociologi, ambientalisti, giuristi di tutta Italia.
Il progetto di legge regionale è stato organizzato da vari giuristi su impulso dei lavoratori della GKN ed infine raccolto da una consigliera regionale del Movimento 5 Stelle, presentato, modificato leggermente nel confronto con altri gruppi consiliari, approvato a dicembre 2024 è diventato legge, la Legge numero 5 del 2025 della Regione Toscana.
Prima di tornare sulla Legge approvata in Toscana, in generale cosa manca sul tema della difesa dei lavoratori nei casi di delocalizzazione?
In Italia non esistono vere e proprie leggi anti-delocalizzazioni. Esiste solo un pallido provvedimento inserito nella finanziaria 2021, cosidetto emendamento anti-delocalizzazioni di Orlando e della Todde, ben diverso dal Disegno di Legge anti-delocalizzazione, che anche come Giuristi Democratici insieme a giuristi di altre associazioni avevamo scritto, che era molto stringente e crediamo efficace.
Cosa avevate messo nel Disegno di legge anti-delocalizzazioni che poi ha non ha avuto un iter positivo?
Il Disegno di Legge partiva dalla stessa premessa di quello che poi è stato l’emendamento Orlando-Todde, ovvero che un’impresa che voglia chiudere un stabilimento , quindi potenzialmente creare centinaia di perdite di posti di lavoro, di licenziamenti, non possa farlo semplicemente seguendo la procedura della Legge 223 del 1991. La legge 223 del 1991 è infatti semplicemente una normativa procedurale che obbliga l’impresa solo a comunicare al governo e alle rappresentanze sindacali l’intenzione di licenziare. Di lì a pochi giorni la procedura arriva a compimento, non ci sono blocchi non ci sono impedimenti.
Il nostro Disegno di Legge, scritto con un ampio gruppo di giuristi dei GD, di Telefono Rosso, Comma 2 e altri e con i lavoratori GKN, prevedeva proprio di uscire dalla logica difensiva della legge Orlando-Todde e voleva che non si arrivasse al licenziamento, ma si imponesse necessariamente o la riconversione industriale o il ricollocamento oppure il risultato più auspicabile ovvero il trasferimento dello stabilimento a una cooperativa di lavoratori, costituita nel frattempo, avendo i lavoratori 60 giorni di tempo per formarla. Avevamo previsto nella Legge obblighi di comunicazioni, di presentazione di un piano di ricollocazione, trasformazione, eventuale cessione a privati o allo stato o appunto a una cooperativa di lavoratori, anche finanziata dallo stato. Se questo non fosse avvenuto, se non fosse stato presentato un piano e non ci fosse stata l’approvazione da parte delle rappresentanze sindacali e del governo, gli eventuali licenziamenti sarebbero stati illeggittimi e, su ricorso, dichiarati nulli dal giudice. L’uscita da questa fase di concertazione non poteva quindi essere un licenziamento non motivato da ragioni economiche e oggettive
Il vostro Disegno di legge non è stato approvato. Cosa è successo?
L’emendamento nostro non è stato approvato, mentre è stato poi approvato quello del governo – inserito nei commi 225 e seguenti della Legge di bilancio n. 234 del 2021, proponenti Orlando e Todde che erano rispettivamente Ministro del Lavoro e Vice Ministro dello Sviluppo Economico – prevedeva semplicemente che un’impresa che voglia chiudere uno stabilimento deve comunicarlo ai lavoratori, ai sindacati e al governo 6 mesi prima di avviare i licenziamenti collettivi e doveva proporre un piano entro 60 giorni, che preveda ricollocazione, incentivi all’esodo, riqualificazione professionale dei lavoratori, cessione d’azienda eventualmente ecc . Se il piano prevede la ricollocazione di alcuni lavoratori bene, se di tutti meglio ancora. Se però dopo la proposta di questo piano, rimangono lo stesso anche centinaia di lavoratori in esubero, non ricollocabili si passa semplicemente alla Legge 223 del 1991 con il licenziamento collettivo.
C’è oggi quindi solo un onere dell’impresa di tentare ricollocazione, formazione professionale, cessione d’azienda se si trova l’aquirente, cessione anche ai lavoratori – figuriamoci c’è scritta questa possibilità – però è obbligatorio tentare, ma non c’è la sanzione della nullità dei licenziamenti. Una volta fatto questo tentativo si entra nel normale regime del licenziamento collettivo e le uniche conseguenze sanzionatorie sono la perdita di incentivi, di finanziamenti per l’azienda che non riesce a evitare i licenziamenti.
Nel merito della vicenda ex-GKN il proprietario attuale non ha nemmeno voluto rispettare questa legge del 2021. Giusto per capirci, avrebbe potuto utilizzare la riconversione, seppur parziale, del sito per finalità socio-culturali, ad esempio per lo svolgimento del Working Class Festival, un festival di letteratura, dicono i lavoratori, ma non ha voluto farlo nonostante fosse prevista come possibilità. Il Tribunale di Firenze in una sentenza del 2023 aveva imposto queste azioni alla QF, il proprietario dell’area di Campi dopo GKN, che non vi ha dato seguito.
La Legge approvata dal Consiglio Regionale toscano può riaccedere una discussione anche fornale sul destino dell’area ex-GKN?
Penso proprio di sì. La Legge della Regione Toscana mette a valore una serie di possibilità che sono date anche direttamente dalla Costituzione agli articoli 42 e 43 e dalla normativa nazionale, ovvero la possibilità d’esproprio per interesse generale e questo andrebbe rivendicato anche per contrastare la pretesa dei liberisti di ogni sponda secondo cui la proprietà nella nostra costituzione sarebbe intangibile ma l’espropriazione di stabilimenti e siti produttivi si trova anche in leggi sulla formazione dei Consorzi Industriali, che esistono in altre regioni. Nella Legge toscana si stabilisce che Enti Pubblici, Università e altre istituzioni possono individuare anche su proposta della Regione aree industriali, immobili, fondi, stabilimenti, specie se sono in via di dismissione o destrutturazione. In queste aree viene costituito il Consorzio industriale e si fa un progetto di riutilizzo, anche adottando strumenti urbanistici adatti, per accedere a finanziamenti della stessa regione o dell’Unione Europea. Una volta individuato l’obiettivo di riutilizzo e rilancio dell’area, gli stabilimenti vengono dichiarati di pubblica utilità e possono essere oggetto di provvedimenti di esproprio da parte del Comune, a cui appartiene il sito, a seguito del quale la gestione viene assegnata a privati, privilegiando le cooperative di lavoratori che abbiano presentato un progetto conforme agli scopi del consorzio e con le sue deliberazioni. La costituzione del Consorzio consente al Comune l’esproprio. In particolare in Toscana ai sensi della Legge Regionale n. 30 del 2005 che dà disposizioni in materia di espropriazione per pubblica utilità ma anche secondo la costituzione e il Dpr del 2001. La Legge approvata dal consiglio toscano a dicembre è importante per dimostrare che si possono mantenere nel territorio attività sostenibili in aree che non siano semplicemente dismesse anche da un punto di vista sociale. L’area ex-GKN è centrale per la zona di Firenze, Campi, Prato. Se non ci fossero stati i lavoratori che l’hanno occupata sarebbe rimasta sostanzialmente abbandonata e questo sarebbe stato un danno urbanistico e sociale.
L’espropiazione per pubblica utilità dell’area e dello stabilimento permetterebbe di trasformarla nel luogo in cui avviare il progetto di riutilizzo, promosso dai lavoratori ex_GKN, di fatto perfettamente in linea con le previsioni della legge e che potrebbe iniziare anche grazie ai fondi raccolti con l’azionariato popolare oltre che con i finanziamenti regionali.
Cosa sarebbe necessario a livello generale per difendere realmente i lavoratori dai licenziamenti legati alla delocalizzazione?
Le delocalizzazioni continuano da anni con la loro scia di licenziamenti. I proprietari non esitano ad incorrere nei costi della perdita degli incentivi, visto che in cambio possono licenziare impunemente e spostare la produzione altrove. A volte ce ne accorgiamo perchè vediamo manifestazioni, iniziative di lavoratrici e lavoratori, che magari si incontrano con istituzioni, fanno delle interlocuzioni con gli enti pubbci, ma poi nella maggioranza dei casi queste piccole lotte di spengono. Nel caso della GKN non è stato così e i lavoratori hanno resistito, hanno ricevuto e dato solidarietà a casi simili. Si è trattato di un’eccezione importante, per questo ne stiamo ancora parlando.
Deve essere chiaro che un conto è cercare di recuperare aree industriali e finanziare singoli progetti, un conto è tutelare i lavoratori, evitare i licenziamenti con finalità speculative e quindi prevenire la dismissione. Per questo resta l’esigenza di una legge più seria antidelocalizzazioni che non sia né la Legge Orlando-Todde né le leggi come Loi Florange del 2014, che ancora resta un riferimento in Europa. Ricordiamo brevemente che la legge francese era stata approvata contro la chiusura di uno stabilimento siderurgico della ArcelorMital. Hollande in campagna elettorale aveva promesso una legge molto più stringente e la requisizione dello stabilimento, poi una volta eletto la legge che venne approvata fu molto più leggera, del tipo della leggina italiana Orlando-Todde. Un vera e propria promessa tradita per cui si parla di moderatismo di Hollande che ha cambiato idea una volta eletto rispetto ai propositi di nazionalizzazione espressi in campagna elettorale.
La legge italiana approvata a fine 2021 è identica nello spirito a quella francese. In sostanza non mette un arresto vero, delle sanzioni efficaci contro i licenziamenti, eppure fu criticata ugualmente dai liberisti nostrani come “espropriativa”.
La migliore sanzione sarebbe da un lato la nullità dei licenziamenti, dall’altro la possibilità d’esproprio, di acquisizione con rimpiego previo progetto industriale.
In questa situazione in cui manca un quadro normativo nazionale ed europeo forte che protegga i lavoratori dai licenziamenti per delocalizzazione, che senso ha seguire quanto sta succedendo con l’area ex-GKN e la Legge Regionale della Toscana?
È importante il quadro europeo, andrebbero valorizzati i tentativi di istituire una tassa minima sui profitti d’impresa e un livello salariale minimo, per ora aggirato facilmente. E bisogna valorizzare la lotta dei lavoratori ex-GKN, far sapere che non è finita. Parlare di questa vicenda può servire a stimolare la discussione sul tema dei licenziamenti collettivi per delocalizzazione e sulla necessità di un intervento legislativo più preciso e netto. L’approvazione della Legge Toscana è un significativo passo avanti. Certo non è la rivoluzione ma apre interessanti prospettive. Teniamo presente, giusto per capire il clima politico, che la discussione sulla Legge in Regione è stata un po’ “fantascientifica” con le opposizioni, Lega e Fratelli d’Italia, che hanno presentato centinaia di emendamenti contro l’intervento che porterà ad uccidere l’impresa. La Legge regionale toscana è l’occasione per avviare una sinergia positiva fra attori locali, pubblici, privati che potranno assieme ai lavoratori ex-GKN dimostrare che si può dare nuovo sviluppo ad un’area che altrimenti sarebbe stata condannata all’abbandono. Questo potrà essere un esempio concreto in riferimento alla necessità di avere un progetto di territorio innovativo e sostenibile. Uno stimolo al progettare piani urbanistici, partecipati dai soggetti del territorio, in grado di evitare disastri idrogeologici o dovuti all’eccessiva costruzione.
Il Consorzio, con il progetto pensato dai lavoratori assieme ad esperti, istituzioni locali, realtà del territorio può essere l’occasione perchè da una brutta storia di delocalizzazione a fini speculativi, nasca qualcosa di buono che abbia un senso non solo a fini industriali e occupazionali ma anche urbanistici, sociali ed ambientali.