Almasri è tornato a torturare in Libia  da 10 giorni (ma chiederne il perchè  è quasi reato)

Almasri è tornato a torturare in Libia da 10 giorni (ma chiederne il perchè è quasi reato)

Le ultime notizie sul caso Almasri —il criminale libico liberato e rimpatriato con volo di Stato nonostante il mandato di arresto disposto dalla Corte Penale Internazionale— rendono manifestamente evidente il disegno del governo Meloni, diretto nel suo percorso al sistematico stravolgimento dei principi costituzionali 

L’attacco senza precedenti all’intero ordine giudiziario impone il dovere di contrastare con determinazione ogni tentativo del potere esecutivo diretto all’eversione.

È oggi di tutta evidenza lo scopo che l’attuale maggioranza governativa intende raggiungere con la cosiddetta riforma della separazione delle carriere.

La comunicazione di trasmissione degli atti al Tribunale dei ministri inviata a Meloni, Nordio, Piantedosi, Mantovano, atto dovuto, previsto dalla  legge costituzionale del 1989 per i reati in capo a ministri, in ragione della tutela del potere esecutivo da eventuali arbìtri, è diventato l’ennesima occasione per la battaglia governativa contro qualunque attacco/critica ai propri poteri ed alle proprie decisioni, di cui si pretende di non rispondere (né giudizialmente né nel dibattito parlamentare) anche quando manifestamente contra legem, come nel caso Elamsri, un torturatore riaccompagnato a proseguire la sua sporca attività in Libia, in barba al mandato di arresto della Corte Penale Internazionale.

L’allarme lanciato dall’intera magistratura trova maggior fondamento proprio per quanto sta avvenendo in questi ultimi giorni. Ne è prova l’atto relativo ai quattro funzionari al vertice dell’esecutivo, al cui arrivo l’attuale presidente del consiglio, attaccando direttamente la persona del procuratore che lo ha firmato, ha proditoriamente affermato di “non farsi intimidire”. Sono poche, chiarissime parole dirette a stravolgere nei fatti il ruolo istituzionale della magistratura e quello che, pro tempore, Meloni e il suo governo ricoprono.

Si tratta di una vera e propria sfida, usuale solo nei paesi privi di democrazia. Un’aggressione esplicita che oggi si manifesta anche nei confronti del Parlamento, con l’immotivata decisione del governo di non rendere in aula le già programmate comunicazioni dei ministri della giustizia e dell’interno sull’iter seguito nella vicenda che riguarda il criminale libico Almasri e la conseguente sospensione delle sedute parlamentari per un tempo lunghissimo, addirittura fino al 4 febbraio, intervenuta dopo la contestazione delle opposizioni.

Con due paralleli e contemporanei comportamenti il governo della destra sta scientemente spostando i livelli di confronto e di dialogo verso un aperto scontro istituzionale che rasenta l’illegalità.

A fronte di un programma di rottura dell’ordinamento repubblicano da parte dell’attuale maggioranza di governo, come Giuristi Democratici riteniamo che al tentativo di destabilizzazione in atto debba rispondersi con ferma opposizione; riteniamo sia nostro dovere difendere in ogni luogo pubblico i diritti della cittadinanza e i principi costituzionali che reggono la nostra democrazia parlamentare.

Il silenzio su quanto sta accadendo alle Istituzioni, e quindi alle sue cittadine e cittadini, rischia di consentire il superamento dei limiti oltre i quali si apre una strada senza ritorno per la salvezza della democrazia costituzionale italiana.

31 gennaio 2025
Associazione Nazionale Giuristi Democratici