I respingimenti verso la Libia

I respingimenti verso la Libia

I ponti aerei carichi di migranti spediti o rispediti in Libia aggiungono vergogna alla vergogna.

Dopo aver reso ai migranti quasi impossibile la strada per un ingresso legale in Italia e in Europa, ora – pur di liberarsi in fretta di un pesante carico umano – il governo chiude tutti e due gli occhi sul governo libico e spedisce centinaia di persone in un paese di cui nulla si sa su come tratterà i migranti respinti dall’Italia. Al trafficante di esseri umani nulla interessa se il viaggio via mare si concluderà con un approdo o con un naufragio, al governo italiano nulla importa cosa accadrà a quelle persone dopo essere scese dall’aereo.

Il governo libico, fino a ieri definito dittatoriale e terrorista ed oggi divenuto fedele alleato – dittatoriale – per contenere l’immigrazione, non fornisce alcuna garanzia su come verranno trattati i migranti respinti e su quali saranno le loro condizioni legali.

Questo non sembra interessare al governo Berlusconi, che pure si vanta di avere missioni militari in atto per portare la democrazia e i diritti umani in altri paesi del mondo.

Questi respingimenti di massa evidenziano, poi, gli enormi problemi della compatibilità della legislazione vigente in materia di stranieri con i principi fondamentali della nostra Costituzione. Il respingimento è atto di polizia, incide sulla libertà personale in maniera definitiva e non provvisoria, non è soggetto ad alcuna convalida da parte del Giudice, nè ad un successivo controllo giurisdizionale (salvo l’improbabile ricorso esperito dal migrante … che dovrà recarsi all’ambasciata italiana in Libia per rilasciare un mandato ad un avvocato italiano).

Il ponte aereo verso Libia segnala una volta di più, come se ce ne fosse ancora bisogno, come il principio della necessità di una costante e generalizzata tutela dei diritti umani fondamentali è posto sempre più in crisi dalle politiche in materia di immigrazione.

08 ottobre 2004

Associazione Nazionale Giuristi Democratici

www.giuristidemocratici.it

Commenti

2 risposte a “I respingimenti verso la Libia”

  1. Avatar Redazione
    Redazione

    Malgrado le flebili voci di una parte dell’opposizione, anche dopo la dura
    condanna delle organizzazioni non governative più impegnate nella difesa dei
    diritti dei migranti ( AMNESTY, ICS e MSF), continua il ponte aereo da Lampedusa
    a Malta, adesso anche con aerei militari.

    Centinaia di immigrati salvati dalla Marina in acque internazionali o giunti
    irregolarmente fino a Lampedusa, dopo essere stati trattenuti un giorno o due
    nel centro di permanenza temporanea di quell’isola, vengono deportati in Libia,
    pur essendo certo che non si tratta di cittadini di quel paese.

    Il Ministro Pisanu rassicura che queste operazioni di rimpatrio sono conformi al
    diritto nazionale, alle convenzioni internazionali ed ai principi generalmente
    riconosciuti a salvaguardia dei diritti umani di qualunque persona.

    Le affermazioni del ministro Pisanu hanno tentato di dare una copertura alla
    messa in opera anticipata dei piani di rimpatrio forzato, supportate da gravi
    dichiarazioni rilasciate qualche settimana fa da alcuni esponenti
    dell’opposizione favorevoli agli accordi di riammissione con la Libia ( si veda
    la dichiarazione dell’On. Napolitano sul Corriere della sera del 19 settembre
    2004), prima ancora che questi fossero siglati ed approvati dal Parlamento, come
    previsto dall’art. 80 della Costituzione italiana. Queste operazioni di
    accompagnamento forzato, camuffate da “respingimenti in frontiera”, adesso note,
    ma altre se ne erano consumate in silenzio nei mesi passati, costituiscono
    invece gravissime violazioni del diritto interno, del diritto internazionale e
    del diritto umanitario.

    Si deve innanzitutto ricordare come l’art.2 del T.U. 286 del 1998, rimasto
    immutato dopo la legge Bossi Fini del 2002, riconosce allo straniero comunque
    presente sul territorio italiano- e tale certamente è l’isola di Lampedusa- i
    diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme interne, dalle
    convenzioni internazionali in vigore, e dai principi di diritto internazionale
    generalmente riconosciuti”.

    Agli immigrati comunque giunti sull’isola di Lampedusa andava dunque
    riconosciuto innanzitutto il diritto alla comprensione linguistica ed alla
    notifica individuale in lingua conosciuta dei provvedimenti che li riguardavano,
    provvedimenti che invece hanno assunto, dopo un sommario esame da parte di un
    interprete, senza altra formalizzazione o verbalizzazione individuale, le forme
    del respingimento collettivo vietato dalla Carta Europea di Nizza e dalla
    Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti dell’uomo.

    Agli stessi immigrati è stato negato il diritto di difesa previsto dalla
    Costituzione italiana e dalle leggi interne, in quanto i tempi e le forme delle
    misure di respingimento li ha privati di una qualsiasi difesa effettiva contro
    gli stessi provvedimenti.

    Si è inoltre verificata la esclusione del diritto di presentare domanda di asilo
    per intere categorie di persone giunte irregolarmente ( come la quasi totalità
    dei richiedenti asilo) sul territorio italiano, selezionate sulla base della
    presunta appartenenza nazionale, senza che i singoli avessero la minima
    possibilità di accedere alla procedura di asilo.

    In questo modo, per un numero non definito di persone si è sicuramente negata la
    applicazione dell’art. 10.3 della Costituzione italiana, norma che per la Corte
    di cassazione ha una immediata efficacia precettiva e che riconosce l’asilo
    politico con una estensione ancora maggiore di quanto previsto dalla Convenzione
    di Ginevra del 1951.Proprio per la rapidità e la sommarietà delle procedure
    potrebbe essersi anche verificato il rimpatrio in Libia, paese notoriamente
    musulmano, di cittadini di paesi terzi di fede cristiana. E’ un dato oggettivo
    l’età sempre più bassa dei migranti per ragioni economiche, dato confermato
    anche negli sbarchi di Lampedusa:non ci sono garanzie di alcun genere che sia
    stata controllata l’età effettiva degli immigrati irregolarmente giunti
    sull’isola in questi ultimi giorni, al fine di evitare il rimpatrio di minori,
    vietato dalla legge italiana.

    Si è violata la riserva di giurisdizione prevista dall’art. 13 della
    Costituzione italiana in quanto le misure di trattenimento coattivo e di
    allontanamento forzato sono state adottate ed eseguite dalle autorità di polizia
    senza alcuna convalida da parte dell’autorità giudiziaria, convalida che sarebbe
    stata necessaria comunque a seguito dell’internamento nel centro di permanenza
    temporanea di Lampedusa secondo quanto affermato dalla Corte Costituzionale con
    la sentenza n.105 del 2001, con un orientamento giurisprudenziale ribadito
    ancora con le più recenti sentenze della Corte pubblicate nel corso del 2004.

    Si deve ricordare al riguardo che l’accompagnamento coattivo in frontiera, anche
    nei casi nei quali non sia preceduto da un trattenimento in un centro di
    permanenza temporanea è qualificabile come “misura limitativa della libertà
    personale” come tale soggetta alle rigide previsioni dell’art. 13 della
    Costituzione.

    Con i rimpatri effettuati da Lampedusa in Libia, senza un effettivo controllo
    dell’autorità giudiziaria si è violata ancora una volta, ma in modo eclatante la
    r i se r v a d i g i u r i s d i z i o n e. Ancora uno schiaffo alla Corte
    Costituzionale che ancora pochi mesi fa aveva affermato la incostituzionalità
    delle norme sulle espulsioni con accompagnamento immediato sottratte al
    controllo giurisdizionale.

    Secondo la giurisprudenza della Corte non è possibile disporre l’accompagnamento
    coattivo in frontiera ( anche nei casi in cui sia mancato il trattenimento
    temporaneo) prima che il provvedimento di respingimento o di espulsione sia
    stato stabilito o convalidato da un magistrato. E non si potrà certo sostenere
    che nel caso dei migranti “respinti” da Lampedusa in Libia si sia trattato di un
    respingimento in frontiera semplice, come se questi migranti non fossero mai
    entrati nel nostro territorio, unico tipo di provvedimento di allontanamento
    forzato che può essere adottato senza particolari formalità, a meno che
    Lampedusa non sia improvvisamente diventata una piattaforma galleggiante in
    acque internazionali.

    In realtà si è assistito ad una utilizzazione illimitata della discrezionalità
    amministrativa delle autorità di polizia e del Ministero degli interni che hanno
    applicato l’art. 10 del T.U. in materia di respingimento in frontiera come se
    gli immigrati giunti a Lampedusa o soccorsi in acque internazionali dalle nostre
    unità navali non avessero mai fatto ingresso in Italia. E invece qualunque
    ingresso, anche se per necessità di soccorso, integra la presenza effettiva
    dell’immigrato nel nostro territorio e l’adozione dei provvedimenti formali
    conseguenti, di allontanamento o di trattenimento temporaneo, disposti dal
    Prefetto o dal Questore.

    Dove sono questi provvedimenti, quando sono stati emanati e notificati ai
    destinatari delle misure di allontanamento forzato, quali possibilità di ricorso
    effettivo sono state accordate, sulla base di quali disposizioni le persone sono
    state condotte sugli aerei in manette ? O forse, adesso che le persone sono
    state allontanate verso la Libia, qualcuno proverà a metterci sopra una pezza?

    Appare evidente, anche sulla base dei filmati ripresi dalle televisioni, come a
    coloro che sono stati rimpatriati dal nostro governo in Libia è stato negato il
    diritto ad agire in giudizio ” per tutelare i propri diritti in materia civile,
    penale ed amministrativa” previsto dagli art. 6 e 13 della CEDU e dall’art. 24
    della Costituzione italiana. Le indegne condizioni di trattenimento temporaneo
    nell’isola di Lampedusa, dove il locale Centro di permanenza temporanea ( così
    qualificato dal Ministero degli interni dopo mesi di equivoci sulla sua esatta
    destinazione) ha contenuto oltre mille persone mentre non potrebbe “accoglierne”
    più di 194, forse non hanno neppure permesso una minima mobilità all’interno
    della struttura; risulta che nella giornata di domenica 4 ottobre sia stato
    persino negato l’accesso ad un rappresentante dell’Alto commissariato delle
    Nazioni Unite per i rifugiati, presente dal giorno precedente a Lampedusa.

    Si è inoltre violato l’art. 14 della Convenzione Europea a salvaguardia dei
    diritti dell’uomo che riconosce tutti i diritti previsti dalla stessa
    Convenzione senza alcuna distinzione basata sul sesso, sul colore, sull’origine
    nazionale e che afferma che tutti devono avere eguale protezione davanti alla
    legge. La selezione dei migranti irregolari e la scelta di quelli tra loro da
    rimpatriare immediatamente in Libia ha assunto carattere discriminatorio proprio
    per la discrezionalità e la sommarietà delle procedure di identificazione.

    La esecuzione dei rimpatri forzati verso la Libia, eseguiti sulla base di intese
    ministeriali e di accordi operativi a livello di forze di polizia ha costituito
    una gravissima violazione dell’art. 10.2 della Costituzione italiana secondo cui
    “la condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità
    delle norme e dei trattati internazionali.

    E proprio a questa stregua il nostro governo, e l’intera catena di comando che
    ha predisposto ed eseguito le operazioni di rimpatrio hanno violato l’art. 3
    della Convenzione europea a salvaguardia dei diritti dell’uomo che vieta il
    respingimento dei migranti, anche se giunti irregolarmente, quando questo
    respingimento possa comportare “trattamenti inumani o degradanti”.

    Si deve ricordare al riguardo che le misure di accompagnamento forzato sono
    state eseguite nei confronti di immigrati che sono stati condotti in manette di
    plastica sull’aereo che li avrebbe consegnati alla polizia libica e che in Libia
    non esiste il rispetto dei diritti fondamentali della persona, ne risulta che la
    Libia abbia aderito alla Convenzione di Ginevra.

    Le misure di accompagnamento forzato sono state eseguite nei confronti di
    persone visibilmente nella condizione di nullatenenti verso un paese che
    certamente non è il loro, e che non è dotato di alcuna struttura di accoglienza.
    Ma probabilmente si dava per scontato che la maggior parte di questi sventurati
    sarebbe stata immediatamente deportata dalla Libia,ancora una volta verso altri
    paesi come già avvenuto poche settimane fa con voli da Tripoli a Khartoum, in
    Sudan, o verso l’Eritrea, proprio quei paesi nei quali migliaia di persone sono
    vittima di sanguinosi conflitti, o preda delle bande di trafficanti.

    Piuttosto che sortire un effetto dissuasivo rispetto ai flussi dei migranti
    irregolari, effetto smentito dall’intensificarsi degli sbarchi proprio durante
    lo svolgimento delle operazioni di rimpatrio, quanto deciso dal Governo
    Italiano, prima di una scelta comune dell’Unione Europea in materia di rimpatri,
    e prima dell’entrata in vigore dell’accordo-fantasma stipulato con la Libia,
    integra gravissime violazioni del diritto interno ed internazionale e dovrà
    essere portato al più presto all’esame delle competenti corti per una sanzione
    esemplare che ribadisca che l’Italia rimane ancora uno stato di diritto anche
    per i migranti irregolari che giungono sulle nostre coste.

    Non è nostro compito qualificare in questa sede le fattispecie di reato che si
    sono integrate in questa tristissima vicenda, ma si può ricordare la diretta
    incidenza delle norme di diritto internazionale sul piano del diritto interno
    per effetto dell’art. 11 della Costituzione italiana.

    Quanto accade in questi giorni a Lampedusa svela la vera portata della
    disciplina in materia di respingimenti ed espulsioni introdotta dalla legge
    Bossi-Fini e proprio a partire da queste modalità di applicazione della norma si
    dovranno moltiplicare i ricorsi alla Corte Costituzionale, non appena sarà
    possibile fare intervenire avvocati indipendenti che impediscano la immediatezza
    delle deportazioni e rilevino tutte le irregolarità delle procedure.

    Ma è forse questa la preoccupazione principale del governo italiano, come si è
    già rilevato nel caso delle espulsioni lampo decretate ai danni dei naufraghi
    salvati questa estate dalla nave tedesca Cap Anamur.

    Non si spiega altrimenti la fretta nel disporre le misure di accompagnamento
    forzato, come al solito tra il venerdì e la domenica, quasi che ogni occasione
    di contatto o qualunque possibilità di difesa legale potessero compromettere la
    riuscita dell’operazione di rimpatrio e la stessa”linea”politica del governo in
    materia di immigrazione ed asilo.

    Affidiamo alla magistratura italiana ed alle corti internazionali il ripristino
    del principio di legalità in materia di contrasto dell’immigrazione clandestina.
    Il successo delle operazioni di immagine volute dal nostro governo non può
    scaricarsi soltanto sui destini di centinaia di vite, doppiamente vittime, prima
    dei trafficanti di uomini e poi di prassi amministrative illegittime ed
    arbitrarie.

    I migranti costretti alla irregolarità dalla mancanza di norme sugli ingressi
    legali e dall’assenza di una normativa organica sul diritto di asilo ( e qui
    l’Italia è un caso unico in Europa) non possono essere genericamente definiti
    come clandestini, e quindi criminalizzati oppure trattati come esseri umani di
    specie inferiore. Bisogna che i diritti fondamentali della persona umana vengano
    riconosciuti a tutti, a tutti gli uomini ed alle donne, con una particolare
    attenzione per i più deboli, come i minori.

    Se così non fosse la impunità di quanto sta avvenendo in queste ore tra
    Lampedusa e la Libia potrebbe autorizzare in futuro comportamenti altrettanto
    gravi anche nei confronti di altri immigrati già presenti in Italia e dei
    cittadini italiani, in una materia talmente delicata come è quella della libertà
    personale, vero fondamento della democrazia di un paese.

    Fulvio Vassallo Paleologo

  2. Avatar Redazione
    Redazione

    Alla cortese attenzione degli onorevoli

    Silvio Berlusconi
    Presidente del Consiglio dei Ministri
    Presidenza del Consiglio dei Ministri
    Palazzo Chigi, Piazza Colonna 370
    00186 Roma

    Giuseppe Pisanu
    Ministro dell’Interno
    Ministero dell’Interno
    Via A. Depretis
    00184 Roma

    Egregio Presidente Berlusconi, Egregio Ministro Pisanu,

    Vi scriviamo in relazione alla grave vicenda delle deportazioni di cittadini stranieri da Lampedusa, per ricevere con urgenza chiarimenti rispetto ad alcuni importanti aspetti.

    Dallo scorso 3 ottobre diverse associazioni non-governative (tra cui le scriventi) e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR) hanno manifestato le proprie preoccupazioni e le propria contrarietà circa la rapida e poco trasparente gestione dell’arrivo e del respingimenti di numerosi cittadini stranieri da Lampedusa.

    Fortemente preoccupati per la drammaticità della situazione e in assenza di notizie certe, gli operatori delle organizzazioni non governative e l’ACNUR hanno più volte chiesto di visitare il campo in cui erano trattenute le persone arrivate. L’ACNUR ha ottenuto l’autorizzazione solo dopo 5 giorni, quando ormai oltre mille persone erano già state rinviate in aereo in Libia e altre 500 erano state invece trasferite nei centri di Caltanisetta e Crotone.

    Nonostante le forti critiche al Suo operato e le richieste di chiarimenti, il Governo italiano deve ancora rispondere a importanti interrogativi sulle modalità dei rinvii forzati da Lampedusa.

    Presidente Berlusconi, Ministro Pisanu, vi chiediamo di rispondere pubblicamente alle seguenti domande:

    1) 1) quali provvedimenti amministrativi o giudiziali sono stati adottati nei confronti dei cittadini stranieri sbarcati nelle ultime settimane a Lampedusa e di cui la stampa ha dato ampia notizia?

    2) 2) risulta che inequivocabilmente le persone in oggetto sono state private della libertà personale e sottoposte a trattenimento nel centro di Lampedusa, e considerato che l’articolo 14 del D. Lgs. n. 286/1998 prevede che tale trattenimento debba avvenire negli appositi centri di permanenza e temporanea assistenza e sottoposto a convalida da parte dell’autorità giudiziaria, con presenza del difensore e previa audizione dello straniero. Il questore ha formalmente disposto e con quali tempi e modalità è intervenuta la convalida da parte dell’autorità giudiziaria? Se e in che modo (con ausilio di interprete) sono stati sentiti i cittadini stranieri? Se e in che modo sono stati avvisati e hanno presenziato gli avvocati difensori?

    3) 3) In ogni caso il provvedimento di allontanamento disposto, provvedimento amministrativo di espulsione da eseguirsi con accompagnamento immediato alla frontiera (essendo i soggetti all’interno del territorio nazionale), deve essere preceduto, prima della sua esecuzione, ai sensi della sentenza 222/04 della Corte Costituzionale, dalla convalida da parte della autorità giudiziaria, con la prevista partecipazione del difensore e previa audizione dell’interessato. E’ intervenuta, ed eventualmente con quali modalità e tempi, tale convalida? Sono stati sentiti, ed eventualmente in che modo, i soggetti? Sono stati avvisati, ed eventualmente in che modo, e hanno presenziato gli avvocati difensori? Si chiede inoltre di conoscere i testi integrali di tutti i decreti del Ministro dell’Interno che dal 1998 hanno istituito i singoli centri di permanenza temporanea ed assistenza ai sensi dell’art. 14 D. Lgs. n. 286/1998, anche al fine di conoscere la natura giuridica del centro di Lampedusa.

    4) 4) Qualora venisse invece ritenuta nella situazione in esame l’ipotesi di respingimento di cui all’articolo10 comma 2 del D. Lgs. n. 286/1998, essendo la medesima avvenuta tramite accompagnamento alla frontiera si ricadrebbe nuovamente sotto i dettami della Corte. La sentenza 222/04, richiamando la sentenza 105 del 2001, ha affermato il principio ineludibile per cui l’accompagnamento alla frontiera investe la libertà personale e dunque è misura che deve essere assistita dalle garanzie previste dall’articolo 13 Costituzione italiana alla pari del trattenimento. Lo straniero che viene infatti allontanato senza che il giudice abbia potuto pronunciarsi su tale provvedimento restrittivo della sua libertà personale subisce violazione della libertà personale nonché del diritto di difesa nel suo nucleo incomprimibile. Percio’ l’art. 20, comma 5 del regolamento di attuazione adottato con D.P.R. n. 394/1999 che prevede che lo svolgimento della procedura di convalida non puo’ essere motivo del ritardo dell’esecuzione del respingimento deve ritenersi oggi inapplicabile dopo la pronuncia della Corte costituzionale. E’ intervenuta, ed eventualmente con quali modalità e quali tempi, la convalida? I soggetti sono stati sentiti? Con quali modalità? In che modo sono stati avvisati e hanno presenziato i difensori?

    5) 5) L’articolo 33 della Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati e l’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali sanciscono il principio del non refoulement (divieto di respingimento), proprio al fine di permettere la presentazione della istanza di asilo ai sensi della predetta convenzione. I cittadini stranieri sono stati informati, ed eventualmente con quali modalità e tempistica, nella loro lingua o in lingua a loro comprensibile della possibilità di richiedere asilo? Sono stati posti nella condizione di poter esercitare tale diritto?

    6) 6) In particolare, l’articolo 3 della Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati, l’articolo 26 del Patto internazionale sui diritti civili e politici e l’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea vietano le discriminazioni fra rifugiati, richiedenti asilo e profughi in base alla provenienza. Con quali modalità e tempi si è proceduto all’identificazione dei cittadini stranieri?

    7) 7) L’articolo 4 del Protocollo 4 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali e l’articolo 19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea vietano espressamente le espulsioni collettive di stranieri. Poiché nel linguaggio di quella norma internazionale la nozione di espulsione è intesa in senso ampio ed atecnico, volendosi cioè riferire a qualsiasi tipo di allontanamento, inclusi eventuali respingimenti, deve ritenersi che qualsiasi provvedimento di allontanamento deve essere rigorosamente individuale, con l’indicazione delle modalità di impugnazione e con la traduzione in una lingua conosciuta dal soggetto e quando questo non sia possibile, in lingua francese inglese o spagnola, così come prescrive l’art. 3, comma 3 del regolamento di attuazione adottato con D.P.R. n. 394/1999. Sono state osservate, ed eventualmente con quali modalità, tali prescrizioni nei confronti dei soggetti citati?

    8) 8) L’articolo 19 del D. Lgs. n. 286/1998 pone il divieto assoluto di espulsione o respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione: alla luce delle nazioni di provenienza delle persone sbarcate e soprattutto dalla circostanza che le medesime siano state trasportate con vettore aereo in un paese come la Libia, i cui standard sui diritti umani sono purtroppo carenti (fra le altre cose, non è firmataria della Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati), quali accertamenti sono stati effettuati dalle competenti autorità per non violare il precetto di cui all’art. 19 del D. Lgs. n. 286/1998?

    9) 9) L’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali prevede che nessuno possa essere sottoposto a torture o a pene o a trattamenti inumani e degradanti: l’esecuzione del provvedimento di allontanamento verso la Libia ha determinato l’internamento dei medesimi in strutture tali che, a quanto ricavato dai servizi giornalistici televisivi, appaiono essere istituite in spregio delle più elementari norme di civiltà ed in piena violazione del citato articolo 3 della Convenzione stessa: quali verifiche e quali strumenti sono stati adottati per non incorrere da parte della autorità italiane nella violazione del predetto articolo?

    10) Il rimpatrio di centinaia di cittadini stranieri, in esame, è avvenuto verso la Libia: in forza di quale accordo internazionale detto rimpatrio è stato effettuato? Perché esso non è stato né pubblicato, né sottoposto alle Camere per la legge di autorizzazione alla ratifica come prescrive l’art. 80 Cost.?

    11) 11) Alla luce di quanto al punto 10) e fermo restando che non è legittima alcuna pre-selezione sulla verosimiglianza delle domande di asilo sulla base della mera appartenenza (vera o presunta) di ogni persona respinta o espulsa ai medesimi paesi, in ipotesi ritenuti “sicuri”, poiché il diritto d’asilo costituzionalmente garantito presuppone l’accertamento della situazione di ciascuno di impedimento all’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana quali sono le nazionalità di ciascuno dei cittadini stranieri sbarcati a Lampedusa e oggetto di rimpatrio collettivo?

    Le associazioni scriventi sono ben consce della difficile situazione che il Governo italiano si è trovato a gestire. Pur non di meno, ritengono che in nessun caso le situazioni di emergenza possano diventare freno all’applicazione delle norme del diritto interno e internazionale. In particolare, in caso di emergenza, sollecitano in futuro il Governo Italiano a richiedere la solidarietà della comunità internazionale, o comunque ad usare gli strumenti che il diritto interno e dell’Unione Europea mettono a disposizione, quale la Direttiva 2001/55/CE del Consiglio, del 20 luglio 2001, sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell’equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell’accoglienza degli stessi.

    Certi di un sollecito riscontro da parte del Governo Italiano, porgiamo cordiali saluti.

    12.10.2004
    Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione
    Amnesty International – Sezione Italiana