Sulla proposta di modifica della normativa sugli stupefacenti

Il Coordinamento Nazionale Giuristi Democratici esprime forte preoccupazione

per la recente presentazione del progetto di legge governativo recante modifiche

al Testo Unico in materia di stupefacenti. Non è infatti accettabile, nè sul

piano giuridico nè su quello scientifico, la reintroduzione del criterio della

dose media giornaliera, già presente nella l. 685/’75, per determinare

l’applicabilità o meno della sanzione penale, che tornerebbe ad essere

comminata ad un numero indeterminato di persone tossicodipendenti, colpevoli di

avere detenuto sostanza stupefacente per uso personale in misura non conforme ad

un desueto parametro normativo.

L’effetto conseguente sarebbe soltanto di tipo repressivo, con un aumento

esponenziale del numero dei procedimenti penali e delle presenze nelle carceri,

la cui attuale situazione di sovraffollamento e invivibilità non può non essere

conosciuta dai fautori delle annunciate modifiche.

E questo si porrebbe tra l’altro in contrasto con quell’obiettivo di arrivare ad

un” diritto penale minimo”, che pare perseguito solo con riferimento a ben

individuate categorie sociali.

L’assuntore di sostanze verrebbe ad essere di nuovo punito per la sua

condizione personale, dimenticando che nel 1993 l’esito del referendum popolare

aveva sancito esattamente il contrario, e non a caso dopo che dal 1990 la legge

Jervolino-Vassalli aveva ulteriormente inasprito, senza esiti apprezzabili, ma

anzi devastanti, la repressione dei soggetti più deboli.

Al di là delle previsioni di favore per tutti coloro che vorranno intraprendere

o saranno già sottoposti a programma terapeutico, compreso il riconoscimento

automatico del vincolo della continuazione per i reati commessi in relazione

allo stato di tossicodipendenza, è del tutto evidente che, ancora una volta, di

fronte alla incapacità e/o difficoltà di risolvere un drammatico problema

sociale, che coinvolge in primo luogo le persone tossicodipenti e le famiglie,

la la scelta è ancora quella della risposta penale nei confronti di coloro che

ne sono vittime.

Non solo uomini e mezzi verranno distolti da compiti ben più importanti, quali

la repressione del narcotraffico, secondo un copione già visto con la legge

Bossi-Fini, ma la filosofia, falsamente rassicurante, che permea il progetto di

legge, e che tende ad unificare le droghe leggere e quelle pesanti, propone una

lettura semplicistica del problema, e rimuove come un inutile orpello tutti

gli sforzi di quell’approccio realistico e razionale che ha caratterizzato le

pratiche di riduzione del danno.

Retaggio del passato, alla lettura della relazione che illusta il progetto,

appaiono gli sforzi giuridici in tema di liberalizzazione delle droghe leggere

e di legalizzazione di quelle pesanti, anche in rapporto a consolidate

esperienze di altri paesi europei, capaci di incidere davvero sul mercato

criminale della droga e di contenere ed anche diminuire i casi di

tossicodipendenza.

La strada verso l’intolleranza che si vuole perseguire aprirà nuovi spazi di

invasività della vita privata dei cittadini consumatori, senza nessuna reale

capacità di incidenza sul fenomeno, ed ancora una volta la politica, con piena

consapevolezza, avrà utilizzato il diritto penale come inefficace e doloroso

rimedio ad un problema sociale .