Inaugurazione anno giudiziario a Napoli 2002

I Giuristi Democratici hanno deciso di intervenire all’inaugurazione dell’anno

giudiziario a Napoli per far sentire la voce di protesta di parte

dell’avvocatura napoletana nei confronti della politica del governo di destra

che, continuando nella sua opera di stravolgimento della democrazia, mira a

porre sotto controllo la magistratura e, con essa, la funzione giudiziaria.

Da qui l’aggressione a magistrati, di qualsiasi opinione poltica, che hanno

osato, nell’adempimento di un dovere, mettere sotto processo noti personaggi

del potere politico per accuse non commendevoli (corruzione di magistrati per

realizzare profitti).

Da qui interferenze, abusi del potere politico e burocratico, per evitare un

processo, e nessuna pretesa di farsi riconoscere una innocenza proclamata

dappertutto, meno che nelle sedi processuali.

La politica giudiziaria di questo governo è nella più pura e dura tradizione

classista.

Nessun processo per i potenti e per le loro ruberie, corruzioni e profitti

illeciti; carcere rapido e duro per l’emarginazione sociale, immigrati,

sottoproletariato.

Da qui la pretesa di assoggettare a controllo politico l’attività della

magistartura, sia reclamando un diritto della maggioranza a decidere quali

reati si debbano perseguire (e certo non saranno le corruzioni, le tangenti, i

profitti illeciti), sia separando il pm dal resto dei giudici per controllarne

l’attività e la stessa nascita del processo penale.

I principi di eguaglianza, libertà, democrazia, indipendenza dei poteri dello

stato, sono patrimonio acquisito ed indisponibile della nostra società, e non

possono essere messi in discussione, neppure con il consenso di una elezione.

L’indipendenza della magistatura, oltre che garanzia del magistrato, è un bene

che appartiene alla democrazia del nostro paese.

Per esprimere queste ragioni i Giurisiti Democratici, e per buona grazia non da

soli, hanno partecipato ad un evento emblematico della vita della istituzione

gudiziaria che, nonostante formule e riti, non poteva non risentire delle

tensioni cui è sottoposta dalle aggressioni del governo.

Stupisce ed indigna che abbiano per ciò dovuto subire una pratica poliziesca e

repressiva (pur indossando la toga di avvocato, sono stati fermati ed

identificati, come in una retata nei sobboghi), per niente giustificata

dall’ottusa solerzia di un qualche nostalgico di tali pratiche.

I Giuristi Democratici confermano il loro impegno a difesa della democrazia,

della uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e della indipenenza della

magistratura.

Il Coordinamento Nazionale Giuristi Democratici.

Commenti

Una risposta a “Inaugurazione anno giudiziario a Napoli 2002”

  1. Avatar Redazione
    Redazione

    Il testo dell’appello redatto dal prof. Smuraglia e sottoscritto dai Giuristi Democratici il 15 gennaio 2002

    Nella nostra qualità di avvocati sentiamo il dovere di prendere posizione sul
    grave conflitto che si è aperto, e non accenna a comporsi, tra Governo e
    Magistratura.

    E’ un conflitto che non riguarda soltanto il Governo, e la maggioranza
    parlamentare che lo sostiene, da una parte, e i magistrati dall’altra. Riguarda
    tutti i cittadini, perché al centro di esso stanno i principi della divisione
    dei poteri e della autonomia e indipendenza della magistratura, e tali principi
    sono scritti nella nostra Costituzione non a tutela della categoria dei
    magistrati, ma a presidio della libertà e della eguaglianza dei cittadini.

    Che questa sia la posta in gioco, è sotto gli occhi di tutti. L’aggressione
    verbale violenta, da parte di esponenti del Governo e della maggioranza, nei
    confronti di magistrati che assumono iniziative o pronunciano decisioni non
    gradite costituisce interferenza indebita nell’esercizio delle funzioni
    giurisdizionali e produce oggettivamente, attorno all’esercizio di tali
    funzioni, un clima di intimidazione. L’affermazione, più volte ripetuta, e
    contenuta addirittura nella mozione sulla giustizia approvata a maggioranza dal
    Senato, secondo cui vi sarebbero giudici che “hanno tentato e tentano ancora
    oggi di usare l’alto mandato a fini di lotta politica”, si risolve, per la sua
    genericità e la palese strumentalità ed infondatezza, in un evidente tentativo
    di delegittimazione dell’intera magistratura. E tutto ciò avviene a fronte di
    procedimenti penali, per reati comuni di notevole gravità, che riguardano il
    Presidente del Consiglio ed altri autorevoli esponenti della maggioranza. Siamo
    dunque in presenza di un attacco senza precedenti del potere politico nei
    confronti del potere giudiziario, originato dalla volontà di chi esercita il
    potere politico di sottrarsi al controllo di legalità cui è istituzionalmente
    tenuto il potere giudiziario, e di sottrarvisi attentando alla credibilità
    dell’ordine giudiziario, nel suo insieme e nelle persone di quei magistrati che
    abbiano osato od osino perseguire reati – come è loro imposto dalla legge –
    anche se in questi sia implicato qualcuno dei potenti di turno.

    Che sia in gioco il principio della divisione dei poteri e della autonomia e
    della indipendenza della magistratura risulta anche da alcuni propositi di
    “riforma” enunciati dal Ministro della Giustizia e da esponenti della
    maggioranza. La rivendicazione al potere politico (più volte ripetuta) del
    compito di correggere e perseguire gli “errori” dei giudici, con la
    prefigurazione di un controllo politico sull’esercizio della giurisdizione; la
    proposta di sottrarre al Consiglio superiore della magistratura, organo di
    autogoverno, la materia disciplinare, e gli altri interventi annunciati in
    ordine al CSM, volti a ridimensionarne il ruolo e le funzioni; la proposta di
    attribuire al Parlamento la determinazione di “criteri di priorità”
    nell’esercizio della azione penale, con il chiaro aggiramento, se non la
    soppressione, del principio della obbligatorietà della azione penale sancito
    dalla Costituzione, e l’esplicita sottoposizione dell’esercizio della azione
    penale alla volontà del potere politico; la proposta di separazione delle
    carriere dei magistrati, sullo sfondo della quale si colloca, per dichiarazione
    di alcuni autorevoli esponenti del Governo e della maggioranza, la
    riorganizzazione in senso unitario e gerarchico dell’ufficio del pubblico
    ministero e la messa in discussione della sua indipendenza, rispondono ad unico
    orientamento, quello di abbandonare il principio della separazione (e della
    reciproca autonomia) tra potere giudiziario e potere esecutivo e di sottoporre
    il primo al controllo del secondo.

    I valori in gioco appartengono a tutti e costituiscono patrimonio indefettibile
    della nostra democrazia. I magistrati, dunque, non devono essere lasciati soli
    nella loro difesa. Ed al loro fianco è giusto che siano in primo luogo gli
    avvocati, sempre, per cultura e tradizione, particolarmente sensibili ai valori
    della autonomia e della indipendenza della magistratura, così come a quelli
    della autonomia e della indipendenza della loro professione. Gli avvocati sanno
    che la giustizia, che costituisce il loro impegno quotidiano, non sarebbe più
    degna di tale nome se si violasse il principio di uguaglianza tra i cittadini,
    se pochi privilegiati potessero sottrarsi alla giurisdizione, se l’autonomia e
    l’indipendenza della magistratura e dei singoli magistrati inquirenti e
    giudicanti non fossero più garantite.

    Alcuni recenti, sconcertanti episodi dimostrano che il pericolo è tutt’altro
    che astratto e che sta crescendo il numero e l’entità dei valori posti in
    discussione. In un processo nel quale è imputato il Presidente del Consiglio il
    difensore di questi non ha esitato ad “avvertire” i giudici che si avvarrà
    della sua veste di parlamentare per sollecitare l’intervento del Ministro della
    Giustizia (su un processo in corso!). Nel medesimo processo, il Ministro della
    Giustizia non ha esitato ad adottare un provvedimento amministrativo che, se
    avesse l’effetto voluto, comporterebbe la modificazione del Collegio giudicante
    ed il conseguente azzeramento del processo. In questi e in altri casi i giudici
    hanno saputo far prevalere, contro ogni tentativo di intimidazione, il rigoroso
    rispetto della legge e della Costituzione. Ma fino a quando ciò sarà possibile?
    E l’indebita commistione tra esercizio della difesa e influenza politica non
    rischia di produrre l’alterazione e l’appannamento della essenziale funzione
    del difensore nel processo, da sempre affidata al primato della legge e alla
    forza degli argomenti, mai alla protezione dei potenti?

    Di fronte ad una situazione che diventa ogni giorno di più intollerabile per
    tutti coloro che credono nella giustizia senza aggettivi, nella divisione dei
    poteri, nella autonomia e indipendenza della magistratura, nel principio di
    eguaglianza, e dunque, in sintesi, nello Stato di diritto e nella democrazia,
    occorre, da parte di tutti, il massimo impegno. E questo impegno, per
    contrastare la china pericolosa in cui siamo avviati, vogliamo manifestare come
    cittadini ed anche, e soprattutto, come avvocati del libero Foro. Il punto di
    riferimento essenziale è, come sempre, la Costituzione della Repubblica,
    insostituibile fondamento della nostra convivenza democratica.