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Navalny. Carcere e morte: oltre l'indignazione
Redazione 23 febbraio 2024 21:43

La morte di Alexei Navalny nella “colonia penale” di Kharp non stupisce (o non dovrebbe stupire) nessuno, alla luce non solo di quanto avvenuto nel recente passato del leader di estrema destra russo (avvelenamenti e tortura, prima della carcerazione al circolo polare artico), ma vieppiù della sistematica persecuzione che l’establishment di Putin mette in atto nei confronti di qualunque forma di opposizione nel Paese, dai tempi delle Pussy Riot alla condanna a 7 anni di carcere nei confronti dell'artista e attivista Aleksandra Skochilenko per “discredito delle forze armate” (per l’azione in un supermercato di San Pietroburgo con sostituzione delle etichette commerciali con biglietti di protesta contro i crimini di guerra). Per non parlare degli obiettori di coscienza incriminati per aver “disertato” l’arruolamento nella guerra in Ucraina, delle organizzazioni pacifiste, delle organizzazioni LGBTQ, di ogni altra forma di dissidenza e opposizione alla politica del presidente.
Perciò quanto occorso a Navalny, deceduto in circostanze imprecisate, è semplicemente inaccettabile.
È infatti intollerabile che muoia chiunque sia sottoposto alla custodia statuale, per di più allorquando, come nel caso di specie, da immagini recentissime pareva in buone condizioni di salute.
L'incolumità delle persone private della propria libertà è una prerogativa irrinunciabile di ogni stato democratico. Questo vale oggi, in primo luogo, per Abdullah Öcalan, emblema di tutti i prigionieri di regimi autoritari che rischiano ogni giorno la vita in carcere, ma dei quali non si ha notizia alcuna ormai da anni.
Navalny è indubbiamente stato per lungo tempo un personaggio torbido, non distante dalle formazioni neonaziste ed autore di prese di posizione smaccatamente xenofobe.
Non a caso, però, diventato scomodo al regime russo quando ne ha svelato la diffusa corruzione e l'appropriazione di ricchezze pubbliche da parte del presidente Putin e degli oligarchi di quel Paese. 
E sebbene non si conoscano ancora le cause del decesso, va ricordato che Vladimir Putin non è certo nuovo all'eliminazione degli avversari politici.
Come Giuristi Democratici esprimiamo perciò profonda indignazione per la morte di Alexei Navalny, così come continueremo a mobilitarci per chiedere la libertà di tutti coloro che subiscono detenzioni illegali per ragioni di appartenenza etnica o politica: pensiamo ancora a Marwan Barghuthi, a Julian Assange e, nello specifico contesto russo, a Boris Kagarlitsky, sociologo ispiratore del "Manifesto dei socialisti contro la guerra", già incarcerato da giovane sotto il regime sovietico da Breznev e condannato a cinque anni di carcere un paio di settimane fa unicamente per il suo attivismo.

 

23 febbraio 2024

ASSOCIAZIONE NAZIONALE GIURISTI DEMOCRATICI