Selahattin Demirtaş

E’ un avvocato, fondatore di Amnesty International a Diyarbakir, noto per le sue battaglia ecologiste, per i diritti delle donne e della comunità LGBT.
Selahattin Demirtaş nasce nel 1973 a Elazig ma cresce ad Amed (Diyarbakir). Si laurea in legge ad Ankara e diventa avvocato. Si è occupato di omicidi politici e casi di persone scomparse e nel 2004 è diventato presidente dell’Associazione per i Diritti umani (Ihd) della sede di Amed.
La sua maggior visibilità è tuttavia legata ai risultati elettorali ottenuti dal partito HDP (Partito Democratico dei Popoli), la formazione politica curda di cui è stato Co-Presidente (con la formula della prefetta parità di genere) insieme a Figen Yuksekdag, fino al febbraio 2018.
Nel 2014, la prima, importante affermazione, con il 9,76% dei voti. Nel giugno 2015 diventa parlamentare (insieme ad altri 77 esponenti HDP), dopo una campagna elettorale segnata da attentati, bombe, assalti alle sedi del partito, superando la soglia di sbarramento del 10% dei voti. Nelle successive elezioni Presidenziali del 2018, a seguito di una campagna elettorale interamente condotta dal carcere, ottiene l’8,4% dei voti.

Situazione processuale - Di cosa è accusato
Demirtaş viene arrestato il 4 novembre 2016, come la co-presidente HDP Figen Yuksekdag, dopo che gli è stata revocata l'immunità parlamentare, consentita dalla legge votata dalla maggioranza parlamentare nel maggio 2016. A suo carico, a quella data, pendevano ben 75 capi di accusa.
Le imputazioni sono state rese note solo mesi dopo il suo arresto e riguardano la formazione politica PKK, di cui sarebbe stato uno dei fondatori (nonostante, all’epoca, Demirtaş avesse 5 anni). Il principale teste di accusa è “anonimo”, tal Mercek (la lente), il quale gli attribuisce interventi parlamentari in lingua curda, vietati in Turchia, in realtà pronunciati da altri. A suo carico l’accusa porta intercettazioni (di un parlamentare, mai autorizzate da alcuna autorità) che attesterebbero la sua contiguità con il KcK (l’Unione delle Comunità del Kurdistan), che risulta nella lista delle organizzazioni terroristiche secondo il regime turco.
Nota di colore: il Procuratore che ha ordinato il suo arresto è stato poi a sua volta arrestato con l’accusa di partecipare alla comunità di Gulen, a seguito delle purghe post tentato golpe del 2016.
Con una decisione del 2018, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha intimato alla Turchia il suo immediato rilascio, ritenendo assolutamente insufficienti a giustificare la sua detenzione le “prove” raccolte a suo carico. La Turchia ha risposto che non ha alcuna intenzione di adeguarsi alla decisione della Cedu, non essendo tenuta a uniformarvisi, perché non appartenente all’Unione Europea.

Luogo di detenzione
Demirtaş è tuttora detenuto, a Edirne, in un carcere di tipo b (massima sicurezza) al confine con la Bulgaria.

Indirizzo:
Selahattin Demirtaş
Edirne Kapalı Cezaevi
Yeniimaret, 5. Sk. No:37
22020 Edirne Merkez/Edirne, Turchia

N.B. la corrispondenza è ammessa in sola lingua turca. Messaggi in altre lingue non vengono consegnati.

Citazioni
Due giorni dopo l’arresto ha dichiarato: "Il nostro arresto illegale ha soltanto aggravato la profonda oscurità in cui il nostro Paese viene trascinato ogni giorno. Ma quelli che pensano di poterci costringere ad arrenderci a questa oscurità sappiano che un solo fiammifero, una sola candela bastano a illuminare l'oscurità. Qualunque sia il nostro posto e le nostre condizioni, continueremo, se necessario, a bruciare come una candela per far vivere il nostro popolo in pace in un futuro di libertà"
Dopo anni di carcere il suo linguaggio è mutato in ironia:
“Quando entrate in carcere, il primo giorno, ti perquisiscono con l’obiettivo di togliere tutto quello che non è permesso introdurre dentro. Tuttavia non riescono a togliere le tue idee che sono alla base delle motivazioni del tuo arresto. Una procedura molto interessante” – vademecum per i papabili all’arresto- luglio 2019
“So che questo governo perderà e questo Paese si riprenderà. Tuttavia alcune persone pagheranno il conto davanti alla legge. Mi volete condannare a 142 anni di galera? Mi raccomando fatelo, ma se mi condannerete a 141 anni non vi perdonerò» discorso in aula d’udienza marzo 2021.

In carcere ha scritto numerosi racconti, pubblicati in Italia col titolo “Alba”