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Sulla moschea di Padova
Redazione 8 maggio 2008 08:49
L'intervento dei Giuristi Democratici padovani sulle polemiche e le iniziative circa la costruzione di una moschea a Padova.

Il dibattito sorto in questi giorni a Padova sulla questione della realizzanda moschea rivela il carattere razzista delle forze promotrici del referendum ed il palese arretramento culturale in atto nella nostra società. Il confronto non è correttamente volto a valutare se una qualche forma di intervento pubblico è coerente con il principio costituzionale supremo della laicità dello stato, ma è condizionato in modo sfacciatamente discriminatorio da pregiudizi di carattere razziale e xonofobo. Si vuole, di fatto, insinuare nella cittadinanza la convinzione che la moschea si un luogo potenzialmente deputato ad ospitare attività illecite e che sia necessaria <> dei cittadini “autoctoni” per poter esercitare il proprio diritto a professare liberamente la propria fede religiosa come proclama e garantisce per tutti l'art. 19 della costituzione. Il diritto all’uguaglianza degli uomini e delle donne senza distinzione di religione, sancito dall'art. 3 della nostra stessa Carta fondamentale, non può essere aggirato e violato introducendo artifici burocratici o promuovendo consultazioni popolari referendarie su quesiti che, attenendo a principi costituzionali fondamentali, non possono a nostro avviso essere oggetto delle medesime, e comunque contribuiscono a “creare” e ad alimentare fra i cittadini il meccanismo “politico” della paura del "diverso", generatore del “bisogno” di sicurezza. “Bisogno” sul quale hanno buon gioco ad affermarsi politiche securitarie, purtroppo di carattere sovente bipartisan, che violano spesso la lettera o lo spirito di molte norme costituzionali. E' eloquente al riguardo l'organizzazione delle c.d. ronde di volontari “com.res.” che, così come concepite, volute e dirette, concorrono a quella "fabbrica della paura" che genera muri, diffidenza per lo "straniero", nonché ingiustificate differenziazioni tra i membri della comunità in cui sempre più spesso la distinzione arbitraria tra cittadini si fonda sull'etnia ovvero sul censo (Cittadella e tutti i comuni, alcuni anche di centro sinistra, che l’hanno seguita, docent). Il clima di intolleranza ha raggiunto livelli allarmanti se perfino uno che ricopre incarichi istituzionali nella città di Padova trasmette direttamente e consapevolmente il messaggio che la moschea rappresenti un luogo fonte di problemi da tenere il più possibile lontano dalle case, "nel sito tra l'argine e lo scaricatore". Osserviamo a proposito del linguaggio usato dai leghisti e dal succitato assessore che esso è la prima e rivelatrice spia di mutamenti profondi che investono la società e la politica - come evidenzia di recente in un suo saggio il rigoroso giurista di area democratica Stefano Rodotà - e rende palese una cultura incapace di comprendere la dimensione dei diritti civili e che può condurci alla barbarie. Determinate espressioni, come quella sopra riportata di un membro dell’amministrazione comunale o, ancora peggio, come quella aggressiva della maglietta indossata da Calderoli con disegni oltraggiosi della religione islamica, rappresentano la spia di un modello culturale proiettato da una comunità chiusa che coltiva distanza e ostilità, che spinge a chiudersi nel proprio rassicurante particolare, fomentando il conflitto tra gruppi sociali contigui dentro un orizzonte di guerra tra poveri. Guai ad arrendersi culturalmente e politicamente e a rincorrere modelli sociali forgiati da altri, che sono direttamente funzionali al mantenimento delle differenze di classe generate dalla società capitalista.
Noi giuristi democratici, - che abbiamo già presentato un esposto alla Procura della Repubblica per denunciare l’azione “squadristica e razzista”, che trova precedenti solo nel fascismo, di volgare e vile profanazione compiuta dai dirigenti della Lega sul terreno oggetto dell’erigenda Moschea di Padova -, ci siamo sempre impegnati e continueremo a farlo al massimo per l'integrale attuazione della Costituzione e il rispetto dei suoi principi, senza nulla concedere alla cultura oggi purtroppo dominante ed al senso comune da essa generato, che criminalizza a priori intere civiltà o religioni, solletica le paure e l'egoismo sociale per consolidare poteri o rassicuranti status quo che fomentano conflitti tra membri della stessa comunità locale. La società tratteggiata dai padri costituenti dopo la lotta popolare di liberazione dal fascismo, all'indomani del 25 aprile 1945, era solidale e inclusiva perché fondata sull'eguaglianza sostanziale dei cittadini. Ci batteremo sino in fondo perché la Costituzione che è a fondamento di tale grande disegno democratico non venga né formalmente, né surrettiziamente cambiata.
Padova 5 maggio 2008

L’associazione Giuristi Democratici “Giorgio Ambrosoli” di Padova