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Libri - Pietro Antonuccio tratteggia delle note a margine di "Libera - Diventare grandi alla fine della storia" di Lea Ypi
Redazione 8 ottobre 2022 19:05
Pietro Antonuccio ci parla del brillante esordio letterario della docente di Filosofia politica alla London School of Economics and Political Science, vincitore del Premio Ondaatje 2022

Note a margine di “Libera - Diventare grandi alla fine della storia” di Lea Ypi

Pietro Antonuccio


Quello che più colpisce di “Libera” è il suo essere una sorta di reportage in presa diretta dall’interno del “socialismo reale”, in cui rivivono vicende e personaggi vivaci ed avvincenti, senza il peso opprimente degli stereotipi a cui siamo abituati quando si affronta quel genere di storia.
È invece un grande pregio del libro il fatto che, con semplicità e naturalezza, viene rivissuta e riproposta la presa di coscienza della appartenenza a quella realtà sociopolitica nelle sue diverse fasi.
Dapprima, la percezione di una dimensione “naturale” della società, poi gradualmente la sua rielaborazione nel concreto intreccio tra la fine del macrocosmo real-socialista che va in frantumi e la temperie del microcosmo della
vita individuale e familiare della protagonista che, in contemporanea, vive la propria adolescenza e la costruzione di una visione del mondo consapevole.
L’intreccio tra questi due livelli, sapientemente ricostruiti dall’autrice alternandone le concomitanti dinamiche nella narrazione, costituisce la bellezza del libro, anche artisticamente arricchito dal tratteggio efficace dei tanti personaggi che attraversano la storia (e la fanno).
L’effettiva consistenza del socialismo albanese, orgogliosamente solo nel panorama mondiale in cui si contrappone sia all’imperialismo occidentale, sia ai “revisionismi” sovietico e cinese, emerge gradualmente e retrospettivamente nelle pagine del libro attraverso i ricordi e gli echi della storia familiare, ricostruita e finalmente compresa nelle sue vicende pregresse e via via ridefinita attraverso il nuovo corso degli eventi.
Diversamente da quanto avviene spesso nelle narrazioni di questo tipo, però, non emergono quelle fastidiose e limitanti schematizzazioni che pretendono di racchiudere nella categoria del male tutto ciò che è avvenuto prima, e in quella del bene tutto “il nuovo che avanza” con il suo luccichio liberomercatista.
La visione che Lea Ypi ci trasmette è giustamente molto più disincantata sia verso il “prima” sia verso il “dopo” e per questo risulta molto più sensata e coinvolgente.
L’incantevole mito della società socialista interamente giusta e buona, assimilato acriticamente durante l’infanzia, si svela nella sua artificiosità retorica e fittizia agli occhi dell’adolescente che ne scopre le contraddizioni, ma non per questo ne spariscono i valori e le acquisizioni che, anzi, nel confronto con la abbagliante e vorticosa novità della “libertà”, riacquistano un profondo significato.
Una vicenda complessa quindi, che in tutta la sua complessità viene restituita,senza le facili scorciatoie a cui siamo abituati, delineando sempre più chiaramente l’idea che ciò che è stato è stato comunque parte della nostra storia, di quella formazione di un’identità personale e politica che va certamente rivista e rielaborata, ma che sarebbe sbagliato liquidare come se fosse “altro”, un corpo estraneo dal quale ci si deve soltanto allontanare.
Al contrario, il romanzo della Ypi dà proprio la sensazione di volersi confrontare con la nuova realtà, ma sempre mantenendo le coordinate che derivano dall’appartenenza ad un percorso fondato sulla giustizia e l’eguaglianza e che non smarrisce, ma anzi intende recuperare in modo più pieno, la critica marxiana dell’astratto concetto di libertà sulla quale anche il “vecchio mondo socialista” era stato - a suo modo - costruito.
Gli eventi e il processo di formazione, di cui Lea è testimone narrante, arrivano quindi a gettare, oggettivamente, una feconda luce critica ed autocritica sulla realtà sociale e politica adesso complessivamente individuata in tutte le sue vere componenti, stimolando una riflessione ben più profonda e matura sul tanto ventilato concetto di “libertà”.
Proprio quello intorno al quale è avvenuto l’enorme rivolgimento degli anni novanta, a cui non è estraneo lo sgomento del vedere la decantata “libertà” tradotta, anche nei destini delle persone care e più prossime, nella “libertà” di dover abbandonare la propria terra per essere poi respinti o emarginati nel mitico “altrove” che si era lungamente sognato.
Una storia che ci chiama quindi direttamente in causa sotto vari punti di vista, e anche per il ruolo che la nostra Italia si è trovata a svolgere in tutte le sue fasi, sia come avamposto del mondo “libero” nella fase del “prima”, sia come naturale approdo nelle vicende spesso drammatiche del “dopo”, fino a svelare compiutamente il vero volto del “nuovo mondo libero”.
Che poi è il nostro mondo di ogni giorno, nel quale esperienze e riflessioni proposte con la lucidità che emerge da questo libro, sono e saranno certamente molto utili, anzi necessarie.