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Libri - Raffaele Miraglia ci parla di "Confessioni di un innocente"
Redazione 8 ottobre 2022 18:31
Una breve recensione, accompagnata da un significativo ricordo professionale personale, di "Confessioni di un innocente", di Maurizio Macaluso e Gaetano Santangelo

Confessioni di un innocente

Raffaele Miraglia

Anni fa spedii una raccomandata per convocare presso il mio studio una persona. Volevo raccogliere una deposizione per delle investigazioni difensive che stavo svolgendo. Mi stupii quando mi giunse una telefonata “Sono … ho ricevuta la sua raccomandata, quando posso venire?” A dire la verità non ci contavo molto che un poliziotto venisse a dirmi qualcosa su quella vicenda.

Venne, gli diedi gli avvertimenti di rito e rispose alle mie domande. Finito l’incombente ci mettemmo a chiacchierare e, non ricordo come, finii per raccontargli che un suo collega, imputato in un processo in cui rappresentavo la parte civile, l’aveva sparata proprio grossa per giustificare le minacce e le botte che aveva profferito e dato. “In quel momento mi sentivo più in pericolo di quando partecipai a …” e aveva nominato una delle più note azioni nei confronti delle Brigate Rosse. Il poliziotto sorrise e mi chiese “Ma chi era? Tizio, Caio o Sempronio?” Era Caio il nome del suo collega imputato (e poi condannato). Gli confermai che era Caio e lui rispose “Un invasato!” Poi mi raccontò come erano andate le cose.

Erano in quattro, la “forza bruta” che doveva entrare nel “covo”. Poco prima dell’azione, mentre erano seduti all’interno di un furgone attrezzato, un superiore era entrato. Sul tavolino davanti a loro aveva steso delle righe di una sostanza bianca, aveva dato a ognuno di loro una cannuccia e aveva detto loro di inspirarla con il naso. Aveva spiegato che serviva per essere più attivi e reattivi. “Poi ho scoperto che era cocaina, in quel momento non sapevo proprio cosa fosse.” Compiuta l’operazione, un superiore chiese a lui e a un collega di portare uno dei brigatisti arrestati “a fare un giro in furgone”. Salirono anche delle altre persone, che sottoposero il brigatista a un “… lo chiamavamo trattamento speciale”. Poi lo portarono in carcere.

Accompagnai il poliziotto all’uscita e lui mi disse “Ovviamente, avvocato, io sono venuto qui, lei mi chiesto delle cose, io ho risposto, c’è tutto nel verbale che ha scritto. Poi ci siamo salutati.”.

Tutto questo mi è tornato alla mente dopo aver letto le prime pagine di “Confessioni di un innocente” di Maurizio Macaluso e Gaetano Santangelo, edizioni People. Successe ad Alcamo nel 1976. Due carabinieri uccisi nella caserma. Una telefonata rivendica l’azione, siamo il Nucleo Armato Siciliano e “Margherita è stata vendicata”. I carabinieri individuano un sospettato. Al termine di un trattamento speciale questo fa i nomi dei complici. Gaetano Santangelo è un amico dell’arrestato e non ha mai avuto nemmeno la velleità di far parte di un’organizzazione armata comunista. Viene arrestato, subisce quel che subisce, compresa l’assistenza di un difensore d’ufficio non proprio all’altezza del suo compito, e confessa. Verrà condannato, riuscirà a rifugiarsi all’estero e nel 2012 otterrà l’assoluzione dopo il processo di revisione. Ha ricevuto un congruo ristoro per il periodo di carcerazione preventiva subita.

La lettura di questo libro, scritto con tono lieve e non rivendicativo, è illuminante per riscoprire una stagione in cui sia indagini che processi venivano svolti sull’onda dell’emergenza terrorismo usando metodi e metri di giudizio che definire non ortodossi è un eufemismo.