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Sintesi delle disposizioni della Legge 132/18
Redazione 19 maggio 2019 15:10
Pubblichiamo un testo di Dario Rossi (Giuristi Democratici Genova) che evidenzia, criticandole, le più importanti (e drammatiche) innovazioni contenute nelle materie "immigrazione e sicurezza" trattate nella Legge 132 del 1.12.2018.

SINTESI DELLE DISPOSIZIONI DELLA LEGGE 132/18

(Dario Rossi)

 

LA NUOVA DISCIPLINA SULL’IMMIGRAZIONE

 

In sintesi: Il Decreto "immigrazione-sicurezza" n. 113/2018, convertito in Legge n. 132/2018,  contiene misure che prendono di mira stranieri, manifestanti, occupanti e marginali colpevoli di “bivaccare” per strade, piazze e adesso anche per ospedali.

È un provvedimento che priva sostanzialmente i migranti dei diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione italiana e dai Trattati internazionali in materia di accoglienza, detenzione, garanzie processuali, riducendo il problema dell’immigrazione ad una questione di sicurezza, creando un circuito carcerario dal quale difficilmente il richiedente asilo potrà sottrarsi, e che elimina gli strumenti ad oggi esistenti finalizzati all’integrazione degli stranieri.

L’effetto che produrrà il decreto sicurezza sarà esattamente l’opposto di quello dichiarato in quanto limita e penalizza l’inclusione e crea fenomeni di esclusione sociale, criminalizzazione e “clandestinizzazione” dei migranti che diventeranno oggetto di sfruttamento e con tutti i problemi connessi alla marginalizzazione e all’impossibilità di avere documenti regolari.

È lampante la volontà di restringere i diritti e le libertà degli individui e di creare nuove forme di tensione sociale.

 

Le disposizioni più gravi e significative che stravolgono un sistema di accoglienza formatosi negli ultimi 20 anni, sono le seguenti:

 

                Art. 1 Viene abrogata la protezione umanitaria, un tipo di protezione che fino a oggi veniva accordata quando pur non essendoci le condizioni per la protezione internazionale c’erano «seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello stato italiano» per concederla. Nel nuovo testo della legge viene abolito in ogni parte la parola “umanitario”.

Art. 2 prevede il raddoppio dei termini da 90 a 180 gg nei centri di permanenza e rimpatrio

Art. 3 introduce la possibilità di trattenere per 30 gg in appositi locali gestiti dall’autorità di pubblica sicurezza i richiedenti asilo al solo fine di verificarne l’identità o la cittadinanza Una volta passati i 30 giorni, è possibile trasferire queste persone che non hanno commesso alcun reato nei Cpr, per un periodo di 180 giorni.

Art 4 estende la possibilità di trattenere i richiedenti asilo in centri nella disponibilità dell’autorità di pubblica sicurezza, qualora siano sottoposti a procedimenti di espulsione fino alla fine del procedimento ed anche oltre.

Art 9 una procedura accelerata di esame delle domande di asilo, qualora lo straniero sia stato fermato alla frontiera per aver eluso o tentato di eludere i controlli alla frontiera.

Art 10 la sospensione del procedimento di esame della domanda di soggiorno e la possibilità di essere immediatamente espulso senza attendere la condanna definitiva qualora lo straniero sia semplicemente sottoposto a procedimento penale.

Art 11 lo smantellamento degli Sprar sistema di protezione su base comunale dei rifugiati e richiedenti asilo, che era finalizzato all’integrazione dei migranti.

Art. 13 il divieto di iscrizione anagrafica per i richiedenti asilo

Art. 14 il raddoppio a 4 anni dei termini per l’esame delle domande di cittadinanza e la revoca della cittadinanza concessa allo straniero che la abbia conseguita in ragione della permanenza in Italia per 10 anni in caso di commissione di gravi reati.

 

 

Tra le misure inizialmente previste nel decreto sicurezza e adesso confluite nel decreto unico alcune prendono di mira i manifestanti. Si introduce la reclusione da uno a sei anni per chiunque blocchi o ingombri una strada, ad esempio rovesciando dei cassonetti della spazzatura.

Un altro obiettivo sono gli occupanti. Con modifica dell’art. 633 del codice penale, il decreto prevede il raddoppio della pena per chi promuove delle occupazioni passando dalla prevista pena da 1 a 2 anni di reclusione e una multa compresa tra 103 e 1032 euro a una pena da 2 a 4 anni e a una multa compresa tra 206 e 2064 euro.  Si considera un problema emergenziale e di mera sicurezza l’occupazione delle case, quando il problema è la mancanza di alloggi, che non può essere ridotta ad un problema di mera sicurezza.

 

GLI ASPETTI PIU’ IMPORTANTI:

 

  • ABROGAZIONE DEL PERMESSO PER MOTIVI UMANITARI

 E PERMESSI SPECIALI

 

L’ART. 1 abroga tutte le norme relative alla concessione del permesso per motivi umanitari, introducendo degli speciali permessi di soggiorno che non assorbono né esauriscono la più ampia fattispecie del permesso per motivi umanitari (che era prevista dalla normativa previgente gli art.  5 c. 6 TU immigrazione, dall’art. 11 c. 1 lett c ter del Reg attuazione TU e art. 19, c. 1 T.U.[1]).

I nuovi permessi speciali sono:

permesso per calamità [2]

permesso per cure mediche

particolare valore civile.

Il permesso di soggiorno per motivi umanitari comportava:

  1. consentiva l’accesso ai centri di accoglienza dei comuni ed alle misure di assistenza sociale previsti per le persone titolari di protezione internazionale
  2. l’accesso alla formazione,
  3. la conversione in permesso di lavoro e permesso per motivi familiari.
  4. aveva durata da sei mesi a due anni.

I permessi speciali invece:

  1. non sono convertibili in permesso di soggiorno per motivi di lavoro
  2. hanno durata di un anno (alto valore sociale) sei mesi (calamità naturale), il tempo necessario (cure mediche). Ciò comporta che i titolari non hanno più accesso in condizioni di parità alle prestazioni di assistenza sociale (art. 41 dlgs n. 286/98[3])
  3. per i permessi speciali non sussiste l’obbligo di iscrizione al sistema sanitario nazionale previsto per il permesso umanitario dalla precedente versione dell’art. 34 T.U. Immigrazione. Il che comporta che a questi stranieri è consentito il solo accesso alle cure mediche urgenti ed essenziali ambulatoriali (art. 35 TU) con evidentemente lesione del diritto di accesso alla salute previsto dall’art. 32 Cost. [4]
  4. i titolari di permessi speciali non hanno diritto di accedere all’edilizia residenziale pubblica, riservata ai titolari di permessi di soggiorno minimo biennali.

 

Il permesso per motivi umanitari in Italia era disciplinato dall’art. 5 e 6 del dlgs n. 286/1998 che sanciva l’obbligo di concedere il permesso di soggiorno per seri motivi di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato Italiano.

In Italia era la forma prevalente di concessione del premesso di soggiorno, in ragione della severità con cui le Commissioni territoriali giudicano le domande di protezione internazionale.

La percentuale dell’accoglimento dei ricorsi a livello UE è del 43 % (33 % protezione internazionale e 10 % protezione umanitaria), rispetto al 42 % complessivo dell’Italia, in cui tuttavia il rapporto si inverte rispetto al resto dell’Europa, con la concessione del 16% per protezione internazionale e del 26% per la protezione umanitaria.

La prevalenza della tutela umanitaria, è diretta conseguenza dell’interpretazione restrittiva delle Commissioni territoriali nell’applicazione protezione umanitaria.

 La cancellazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari non comporterà la cessazione della possibilità di adire l’autorità giurisdizionale per fare accertare il diritto di asilo previsto dall’art. 10 c. 3 della Costituzione. [5]

La giurisprudenza riconosce allo straniero il diritto dello straniero a richiedere la concessione di un permesso per motivi umanitari; è un diritto immediatamente azionabile anche in mancanza delle leggi ordinarie che fissino alcune condizioni per il suo esercizio l’abrogazione della norma riaprirà dunque lo spazio per azioni giudiziarie destinate a successo per fare accertare il diritto di asilo garantito dall’art. 10 c. 3 Cost. e non più attuato in modo completo dal legislatore.

SARA’ TUTTAVIA NECESSARIO IL RICORSO GIUDIZIARIO NON ESSENDO PIU’ CONCEDIBILE IN VIA AMMINISTRATIVA

La giurisprudenza afferma infatti che il diritto di asilo comporta un diritto soggettivo all’ingresso ed al soggiorno nel territorio italiano, allo straniero al quale nel suo paese sia effettivamente impedito l’esercizio anche di una sola delle libertà garantite dalla Costituzione italiana, diritto immediatamente azionabile anche in mancanza delle leggi ordinarie che fissino alcune condizioni per il suo esercizio (Cass. SU n. 4674/1997)

Il permesso per motivi umanitari attuava pienamente l’art. 10 c. 3 Cost e dava esecuzione agli obblighi comunitari. [6]  La giurisprudenza della Cassazione ritiene che i tre istituti dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e del permesso di soggiorno per motivi umanitari attuano in modo completo il diritto di asilo previsto dall’art. 10 c. 3 Cost. e che perciò non vi sia alcun margine di residuale diretta applicazione dell’art. 10 c. 3. Al legislatore non è permessa la riduzione di tutele che sono previste dalla legge in attuazione di obblighi costituzionali ed internazionali. [7]

Si tratta di leggi costituzionalmente obbligatorie che possono essere modificate, e sostituite da altra disciplina ma non semplicemente abrogate così da eliminare la tutela precedentemente concessa pena la violazione diretta di quel medesimo precetto costituzionale della cui attuazione costituiscono strumento.

La corte Costituzionale si è già pronunciata dichiarando inammissibile quesiti referendari aventi ad oggetto leggi a contenuto costituzionalmente vincolato

L’abrogazione di un istituto che dava attuazione agli obblighi costituzionali ed internazionali è dunque incostituzionale, per violazione di norme di rango superiore

L’abrogazione del diritto di asilo umanitario non comporta pertanto la riduzione delle tutele costituzionali che potranno essere applicate direttamente dal giudice, anziché dall’autorità amministrativa ma renderà molto più complicata l’attuazione di questo diritto essendo venuta meno tutta la normativa di dettaglio.

La cancellazione del permesso umanitario comporta un pregiudizio al buon andamento della giustizia, un irragionevole aumento del contenzioso posto che si potrà far valere solo in via giudiziaria, e la violazione del principio della ragionevole durata dei processi.

Se la nuova disciplina giungerà al vaglio della Corte Costituzionale, essa potrebbe essere dichiarata illegittima, qualora non fosse possibile reintrodurre con un dispositivo manipolativo le forme di tutela illegittimamente abrogate.

 

  • PROCEDURE DI TRATTAMENTO DEGLI STRANIERI RICHIEDEENTI ASILO

 

Quanto al trattamento dei richiedenti asilo che entrano in Italia, il decreto contiene una serie di norme che sono in palese contrasto con art. 13 Cost per cui “ogni restrizione della libertà può essere adottata solo con provvedimento dell’autorità giudiziaria sulla base di una disposizione di legge”.

Sia i provvedimenti restrittivi della libertà personale che le modalità, i tempi ed i luoghi di detenzione devono essere rigorosamente disciplinati dalla legge.

L’attività legislativa ex art. 117 Cost deve essere esercitata nel rispetto dei vincoli della costituzione anche di quelli dell’ordinamento comunitario ed internazionale.

 La Comunità europea ha dettato norme che stabiliscono che il trattenimento del richiedente asilo può avvenire solo in appositi centri di permanenza temporanea ed inoltre il richiedente asilo deve essere collocato in un luogo distinto dagli altri stranieri ivi trattenuti.

Il DLGS Sicurezza prevede invece che gli stranieri vengano infatti sottoposti a provvedimenti restrittivi della libertà personale solo sulla base di valutazioni discrezionali dell’autorità amministrativa, e di trattenerli all’interno di strutture carcerarie al di fuori di qualsiasi previsione legislativa che sono disciplinate sulla base di mere circolari di polizia.

In questi centri gli stranieri sono sottoposti a condizione di detenzione peggiori a quelle dei detenuti ordinari, e non hanno neppure quelle garanzie che sono concesse ai detenuti di reclamare all’autorità giudiziaria per le condizioni di vita cui sono costretti.

Lo straniero una volta entrato in Italia entra in un circuito detentivo dal quale è difficile che riesca ad uscire.

 

Procediamo all’esame dei singoli articoli della legge 132/2018 che innovano la disciplina del trattamento degli immigrati.

 

Articolo 2 Raddoppio dei tempi di trattenimento nei CPR (centri permanenza e rimpatrio)

La norma prevede il raddoppio dei tempi di detenzione amministrativa da 90 a 180 gg, degli immigrati destinatari di un provvedimento di espulsione. È una norma che ha una matrice esclusivamente ideologica ed è priva di qualsiasi collegamento con le esigenze di sicurezza.

I tempi per il rimpatrio sono connessi esclusivamente alla sussistenza di accordi bilaterali con i paesi di origine.

Che il trattenimento duri un mese, sei mesi o due anni, non cambia nulla ai fini dell’eventuale rimpatrio dello straniero. La percentuale dei rimpatriati anche quando il termine massimo di detenzione era fissato in 1 anno è sempre stata del 50%, così come quando era di 90 gg.

Nei CPR non ci sono neppure le garanzie previste per i detenuti comuni, non esiste la possibilità di accedere alla tutela di un Tribunale di sorveglianza cui reclamare per le condizioni di detenzione. È una terra di nessuno del diritto e del rispetto dei diritti umani.

 

Articolo 3 Nuovo trattamento per la verifica della identità e cittadinanza dei richiedenti asilo.

Prevede la possibilità di trattenere lo straniero in apposite strutture (centri di soccorso, di prima accoglienza, questure) in cui può avvenire l’identificazione per un periodo di 30 gg; non sono precisate le caratteristiche di queste strutture, con conseguente violazione della riserva assoluta di legge circa i modi di restrizione della libertà personale (art. 13 Costituzione).

Ove non sia possibile verificare identità o cittadinanza il richiedente PUO’ essere trasferito in un CPR e trattenuto per altri 180 gg. con conseguente violazione della riserva di legge dell’art. 10 c. 2 e 3 e 13 Cost., lascia alla più completa indeterminatezza il rapporto con le altre ipotesi di trattenimento del richiedente asilo.

Il fatto che lo straniero sia privo di documenti al momento dell’ingresso in Italia costituisce peraltro la regola, posto che egli è in fuga dal proprio paese d’origine, per cui le procedure di identificazione possono essere applicate praticamente a tutti gli stranieri, sulla base dell’unico presupposto che abbia eluso i controlli di frontiera, condizione altrettanto comune a tutti gli stranieri, e comunque discrezionalmente accertabile dalla polizia di frontiera. Lo straniero che entra in Italia senza documenti può dunque essere sottoposto a trattenimento fino a 210 gg, potrebbe poi essere raggiunto da provvedimento di espulsione, e rimanerci altri 180 gg. La discriminazione è evidente rispetto al cittadino che può essere trattenuto per identificazione al massimo per 24 ore. La durata del trattenimento ai fini meramente identificativi è manifestamente irragionevole e si presta ad una valutazione di incostituzionalità.

 

Articolo 4 Trattamento in centri gestiti dalla PS su provvedimento del giudice di pace nel corso del giudizio di opposizione all’espulsione.

La norma prevede la possibilità che in caso di indisponibilità di posti nei centri di permanenza il giudice di pace su richiesta del questore autorizzi la temporanea permanenza sino alla definizione del procedimento di convalida in strutture diverse ed idonee nella disponibilità dell’autorità di PS e di disporre che la permanenza si protragga anche successivamente all’udienza di convalida se permangono tali condizioni.

La disposizione è manifestamente incostituzionale per violazione della riserva assoluta di legge prevista dall’art. 13 della Cost. perché non precisa quali siano e dove siano i locali idonei né quali siano le modalità di trattenimento.

Si crea così un circuito carcerario nel quale viene inserito lo straniero, in cui la durata, il luogo e le modalità del trattenimento sono rimesse al potere discrezionale ed organizzativo in violazione della riserva di legge e degli adempimenti del nostro paese agli obblighi comunitari. Si tratta a tutti gli effetti di prigioni, al di fuori dell’ordinamento penitenziario, gestite direttamente dal Ministero dell’interno ove non sarà possibile monitorare il rispetto dei diritti umani (si ricorda che Salvini ha definito i lager libici dove vengono detenuti i migranti degli “alberghi a cinque stelle”).

 

Articolo 9 Disciplina accelerata di esame del permesso di soggiorno in caso di elusione del controllo alla frontiera.

Sussiste una violazione della direttiva 2013 CE (con conseguente incostituzionalità della norma) nella parte in cui prevede che sia soggetta a procedura accelerata l’esame della domanda dello straniero che sia stato fermato per avere eluso o tentato di eludere il controllo nell’attraversamento della frontiera posto che non è prevista questa ipotesi dalla direttiva tra quelle per cui è stabilita una procedura accelerata.

Altro profilo di incostituzionalità dell’art. 9 va ravvisato nel rifiuto tout court della domanda reiterata in fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento. Violazione art. 117 Cost nella parte in cui viola art. 40 direttiva 23/2013 UE che prevede che in tale ipotesi debba comunque procedersi all’esame preliminare di ammissibilità della domanda, mentre nel nostro caso è previsto dalla norma che tale domanda non verrà esaminata in quanto presentata al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione del provvedimento di espulsione.

Si pensi al caso in cui lo straniero tra la prima e la seconda domanda sia entrato in possesso di nuovi documenti atti a suffragare la richiesta di permesso, che non verrebbero in questo caso neppure esaminati, in quanto la seconda domanda viene qualificata ex lege come finalizzata “al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione del provvedimento stesso”.

 

Articolo 10 Sospensione procedimento con audizione immediata – Espulsione in caso di sola denuncia per gravi reati

 Qualora il richiedente sia sottoposto a procedimento penale per uno dei reati che in caso di condanna definitiva comporterebbero il diniego della protezione internazionale o quando sia stato condannato anche in via non definitiva per gli stessi reati il questore ne da tempestiva comunicazione alla commissione territoriale competente, che provvede nell’immediatezza all’audizione dell’interessato ed adotta contestuale decisione. In caso di rigetto della domanda il richiedente deve lasciare il territorio nazionale anche in pendenza di ricorso.

Sussiste evidente profilo di incostituzionalità per:

  • Violazione del principio di presunzione di NON COLPEVOLEZZA ex art. 27 Costituzione.
  • La disposizione comporta l’esclusione della procedura per la domanda di asilo, sostituita dalla audizione immediata del richiedente e conseguente espulsione in caso di rigetto. Il mancato espletamento della procedura, potrebbe esporre il richiedente a pericoli per la sua incolumità personale in caso di rimpatri, nella fondatezza dei presupposti per la concessione del diritto di asilo.

Peraltro per essere sottoposti alla procedura accelerata, basta una semplice denuncia.

La convenzione internazionale sullo status dei rifugiati vieta espulsione se c’è il rischio di sottoposizione a trattamenti inumani e degradanti vietati dall’art. 3 Cedu, se non in virtù di una sentenza definitiva di condanna (Violazione 10 c. 2 e 117 c. 1)

  • La Direttiva UE non esclude in assoluto l’espulsione anche in presenza di una sentenza non definitiva, purché sia assicurato il diritto di richiedere la sospensione di tutti gli effetti giuridici della decisione di ripatrio nelle more dell’esito del ricorso. La nuova norma prevede invece espressamente che l’espulsione sia eseguita anche se lo straniero fa ricorso.

 

3) Smantellamento del sistema di accoglienza per i richiedenti asilo.

 

L’art. 12 realizza una radicale ristrutturazione dei sistemi di accoglienza.

Si prevede che gli SPRAR siano trasformati in sistemi riservato ai TITOLARI di protezione internazionale, e per i minori non accompagnati,

I richiedenti asilo inclusi coloro che abbiano presentato ricorsi giurisdizionali contro la decisione negativa delle commissioni territoriali sarebbero ospitati negli attuali centri governativi di prima accoglienza o negli attuali centri di accoglienza straordinaria (CAS)

L’accoglienza nei CAS è stata finora utilizzata quale sistema generalizzato di “non accoglienza” per i richiedenti asilo, fino ad oggi per periodi temporanei; adesso diventa il sistema ordinario di accoglienza dei richiedenti asilo. [8]

Gli alloggi piccoli degli SPRAR servivano a promuovere l’integrazione sociale dei richiedenti asilo. Gli SPRAR erano il sistema generalizzato di accoglienza dei richiedenti asilo, che avrebbe dovuto essere imposto a tutti i Comuni per la gestione a livello locale rimanendo riservate allo Stato solo le funzioni amministrative per cui esistono esigenze unitarie (salvataggio, identificazione, distribuzione sul territorio nazionale, presentazione domande di asilo, predisposizione di standard uniformi delle strutture di accoglienza).

D’ora in poi potranno accogliere solo coloro che hanno già conseguito lo STATUS DI RIFUGIATO, i minori non accompagnati, i titolari di permessi per cure mediche, permessi per motivi di protezione sociale e permessi per calamità naturali, dunque nel corso della procedura non sono ammessi agli SPRAR.

L’accoglienza dei richiedenti asilo per mesi o anni in grandi alloggi collettivi (centri governativi di prima accoglienza o in alloggi inidonei e destinati ad altro, senza servizi di orientamento legale, linguistico e sociale adeguati gestiti da persone ben poco esperte), avrà conseguenze frustranti per la condizione di esclusione e marginalizzazione in cui si verranno a trovare centinaia di migliaia di richiedenti asilo con gravi conseguenze.

 

L’organizzazione del sistema di accoglienza ordinario impostato sugli SPRAR costituiva attuazione della direttiva UE sulle condizioni di accoglienza dei rifugiati n. 33/2013 (attuazione obbligata ex art. 117 Cost), che impone degli standard minimi di accoglienza per i richiedenti asilo.[9]  L’abrogazione degli SPRAR risulta dunque incostituzionale per violazione dell’art. 117 Cost che obbliga il nostro paese ad adeguarsi agli standard minimi previsti dalla direttiva 33/2013 UE. Le nuove norme sui sistemi di accoglienza governativi non prevedono un sistema strutturato con standard minimi conformi alla direttiva UE.

L’accoglienza nei CAS diventerebbe non più straordinaria, ma il sistema ordinario di accoglienza, senza alcuno standard per l’apprendimento della lingua, l’orientamento legale, il sostegno alle categorie più vulnerabili, l’assistenza psicologica, la tutela della vita familiare, la formazione professionale.

I centri di prima accoglienza dove prima venivano trattenuti solo per il tempo necessario alle identificazioni per essere trasferiti negli SPRAR adesso diventano il luogo di permanenza ordinaria, posto che è stata abrogata la norma che prevedeva il trasferimento al termine dell’identificazione, salvo necessità di carattere temporaneo[10].

Incostituzionalità perché l’art. 18 c. 9 stabilisce che solo in casi eccezionali debitamente giustificati si possano stabilire modalità di accoglienza diverse da quelle previste nell’articolo per un periodo ragionevole e di durata più breve possibile.

I CAS sono finanziati con fondi pubblici ma gestiti da privati, che lavorano dunque secondo una logica del profitto.

Si viene a creare dunque un sistema di accoglienza privatizzata che viene svuotata di qualsiasi finalità di integrazione sociale degli immigrati.

Tutti i fatti di cronaca di malversazioni e frodi sono relativi ai CAS e non agli SPRAR che sono gestiti ed agiscono in stretto rapporto con il Comune.

 

 

 

 

 

  • RESIDENZA ANAGRAFICA

L’art. 13 stabilisce che il permesso di soggiorno rilasciato ai richiedenti asilo non costituisce titolo per l’iscrizione anagrafica.

Tale norma risulta in contrasto con il principio di eguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione, in quanto crea una irragionevole discriminazione rispetto agli stranieri che hanno già ottenuto un permesso di soggiorno e che in presenza di dimora abituale o domicilio effettivo sono obbligatoriamente iscritti alle anagrafi delle popolazioni residenti a condizioni di parità con i cittadini italiani.

Gli enti locali tramite le iscrizioni anagrafiche sono in grado di conoscere con certezza il numero delle persone presenti sul proprio territorio, e determinare i servizi pubblici se sociali che i comuni hanno l’obbligo di garantire.

Tutte le persone collegate in maniera stabile ad un territorio hanno diritto ad essere inserite nelle liste anagrafiche, sulla base di due soli requisiti, la dimora abituale e la volontarietà della stessa. L’iscrizione nelle liste anagrafiche costituisce dunque un diritto soggettivo a tutti gli effetti.

Anche questa disposizione è in palese contraddizione con l’intento di promuovere una maggiore sicurezza, posto che i Comuni senza l’iscrizione nelle liste anagrafiche ignorano chi si trova sul territorio comunale e dunque non sono in grado di adottare provvedimenti preventivi o repressivi rispetto a persone che sono ignote all’anagrafe.

La disposizione è stata duramente criticata dal responsabile dei servizi welfare dell’Anci (Pacini) che sostiene che la mancata iscrizione nei servizi anagrafici creerà enormi difficoltà ai Comuni, che sono obbligati a fornire anche ai richiedenti asilo i servizi pubblici essenziali.

Si verificherà che una moltitudine di soggetti richiedenti asilo di cui il Comune ignora l’esistenza si presenteranno in comune pretendendo l’accesso ai servizi pubblici, di essere inseriti nei piani sociali etc.

La mancata iscrizione all’anagrafe impedisce al Comune qualsiasi programmazione.

 

  • REVOCA DELLA CITTADINANZA

Nell’articolo 14 è prevista la revoca della cittadinanza agli stranieri che dopo averla ottenuta, sono stati condannati in via definitiva per gravi reati (terrorismo etc).

Tale norma è manifestamente incostituzionale in quanto:

  • L’art. 22 Cost vieta la revoca della cittadinanza per motivi politici ed i reati ancorché gravi sono di natura che può essere politica.
  • In caso che non abbia altra cittadinanza si creerebbe un apolide, con conseguente violazione del divieto di nuova apolidia.
  • La revoca è applicata solo a quelli che la hanno acquisita per soggiorno prolungato, e non quelli che la hanno ottenuta ius sanguinis.

La revoca per i soli stranieri che sono divenuti cittadini appare viziata da manifesta illegittimità costituzionale per violazione dell’art. 3 Cost.; si trattano in modo diverso condizioni simili.

La cittadinanza non può essere discriminata in base al modo in cui è stata acquisita, perché conferisce uno status giuridico che attribuisce al suo titolare diritto di esercitarne le prerogative in maniera piena e senza condizioni al pari di tutti gli altri consociati.

  • Violazione del principio della rieducazione della pena, art 27 Costituzione. Se lo scopo della pena è il reinserimento in società del condannato, è evidente che in questo modo viene definitivamente escluso dalla società.

 

  • CONCESSIONE CITTADINANZA

Il termine per l’esame della domanda di cittadinanza è fissato in 48 mesi dalla domanda.

È una durata manifestamente irragionevole, posto che l’amministrazione deve limitarsi a verificare il possesso dei requisiti per ottenere la cittadinanza, esaminando i documenti prodotti dall’interessato.

Non esiste altro procedimento amministrativo di tale durata.

Considerato che si ha diritto alla cittadinanza dopo cinque anni di residenza nello stato, prevedere un termine di 4 anni per la risposta equivale a negare il diritto ad acquisire la cittadinanza.

 

  • Il decreto prevede inoltre una serie di norme repressive

 

ART. 19 Introduzione sperimentale del “Taser”

attribuzione agli agenti di polizia municipale dell’utilizzo di Taser nei comuni con più di 100.000 abitanti.

 

ART. 23 Inserito il reato di blocco stradale.

Estensione del reato già previsto per il blocco ferroviario a qualsiasi occupazione o ostruzione di una strada ordinaria, con una pena che va da 1 a 6 anni per chiunque blocchi o ingombri una strada (per es. rovesciando cassonetti etc).

 

ART. 30 Occupazione edifici

Modifica dell’art. 633 del Codice penale con la previsione di una pena della reclusione fino a quattro anni nei confronti degli organizzatori e promotori di occupazioni arbitrarie di immobili. La pena viene raddoppiata rispetto a quella preesistente.

Anche in questo caso il problema del diritto all’alloggio viene trattato come mero problema di ordine pubblico.

Gli sgomberi operati senza un piano sociale sostitutivo creano solo problemi ai comuni per la gestione di una emergenza e problemi di sicurezza. 

Quando gli sgomberati finiscono su un marciapiede, rimane comunque l’obbligo delle amministrazioni di gestire la situazione.

 

  • STANZIAMENTO DI UN FONDO PER IL PAGAMENTO DEGLI STRAORDINARI ALLE FORZE DI POLIZIA

Articolo 33 In ragione della evidente stretta repressiva, e della conseguente previsione di un impiego più esteso delle forze dell’ordine per garantire l’attuazione delle nuove disposizioni la legge si preoccupa di stanziare un fondo straordinario di 38 milioni di euro per pagare gli straordinari alle FFOO.

 

 

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La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, di cui si è appena celebrato il 60 anniversario, sancisce espressamente il diritto all’emigrazione:  

«Ogni individuo - recita l’art. 13 - ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato» e ha «il diritto di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio Paese».

 

 

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NOTE

 

[1] Art. 19 T.U.:  1. In nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione.

1.1. Non sono ammessi il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura. Nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell'esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani

 

2 Permesso per calamità naturali viene demandato al questore che valuta discrezionalmente la presenza di situazione di contingente ed eccezionale calamità.  Viene demandata all’autorità amministrativa quello che è oggetto di una riserva di legge posto che è la legge ex art. 10 c. 3 che deve regolare la condizione dello straniero. Non esiste una predeterminazione uniforme dei criteri di valutazione del concetto di contingente eccezionale calamità.

 

[3] Art 41 dlgs 286/98: 1. Gli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, nonché i minori iscritti nella loro carta di soggiorno o nel loro permesso di soggiorno, sono equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale, incluse quelle previste per coloro che sono affetti da morbo di Hansen o da tubercolosi, per i sordomuti, per i ciechi civili, per gli invalidi civili e per gli indigenti.

 

[4] Art 34 TU: 1. Hanno l'obbligo di iscrizione al servizio sanitario nazionale e hanno parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti e doveri rispetto ai cittadini italiani per quanto attiene all'obbligo contributivo, all'assistenza erogata in Italia dal servizio sanitario nazionale e alla sua validità temporale:

  1. a) gli stranieri regolarmente soggiornanti che abbiano in corso regolari attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo o siano iscritti nelle liste di collocamento;
  2. b) gli stranieri regolarmente soggiornanti o che abbiano chiesto il rinnovo del titolo di soggiorno, per lavoro subordinato, per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo, per protezione sussidiaria, per richiesta di asilo, per attesa adozione, per affidamento, per acquisto della cittadinanza; (2)

b-bis) i minori stranieri non accompagnati, anche nelle more del rilascio del permesso di soggiorno, a seguito delle segnalazioni di legge dopo il loro ritrovamento nel territorio nazionale. (1)

 

[5] Articolo 10 della Costituzione: L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici [cfr. art. 26].

 

[6] Art 6 c. IV direttiva Ue n. 115/2008: In qualsiasi momento gli Stati membri possono decidere di rilasciare per motivi caritatevoli, umanitari o di altra natura un permesso di soggiorno autonomo o un'altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare a un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare. In tali casi non è emessa la decisione di rimpatrio. Qualora sia già stata emessa, la decisione di rimpatrio è revocata o sospesa per il periodo di validità del titolo di soggiorno o di un'altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare.

 

[7] Art 117 c. 1 Cost: La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.

[8] Già l’aspetto previgente presentava evidenti vizi di incostituzionalità nella parte in cui affidava l’accoglienza dei richiedenti asilo solo ai Comuni che ne facessero richiesta e non già a tutti i comuni (violazione art. 118 Cost) che venivano finanziati al 95% dallo stato (e non al 100% come previsto dall’art 119 Cost). Sistema che ha provocato una insufficienza strutturale rispetto al fabbisogno di posti di accoglienza con consente attivazione da parte dei prefetti in via ordinaria di un gigantesco sistema di accoglienza straordinaria con standard assai ridotti). In questo modo si attrae in violazione art. 118 Cost. alla sola amministrazione statale la funzione amministrativa dell’accoglienza dei richiedenti asilo che in precedenza era attribuita alle funzioni degli enti locali.

 

[9] DIRETTIVA 33/2013:

 Articolo 17 Disposizioni generali relative alle condizioni materiali di accoglienza e all’assistenza sanitaria

  1. Gli Stati membri provvedono a che i richiedenti abbiano accesso alle condizioni materiali d’accoglienza nel momento in cui manifestano la volontà di chiedere la protezione internazionale.
  2. Gli Stati membri provvedono a che le condizioni materiali di accoglienza assicurino un’adeguata qualità di vita che garantisca il sostentamento dei richiedenti e ne tuteli la salute fisica e mentale.

Gli Stati membri provvedono a che la qualità di vita sia adeguata alla specifica situazione delle persone vulnerabili, ai sensi dell’articolo 21, nonché alla situazione delle persone che si trovano in stato di trattenimento.

  1. Gli Stati membri possono subordinare la concessione di tutte le condizioni materiali d’accoglienza e dell’assistenza sanitaria, o di parte delle stesse, alla condizione che i richiedenti non dispongano di mezzi sufficienti a garantire loro una qualità della vita adeguata per la loro salute, nonché ad assicurare il loro sostentamento.

 

Articolo 18 Modalità relative alle condizioni materiali di accoglienza

  1. Nel caso in cui l’alloggio è fornito in natura, esso dovrebbe essere concesso in una delle seguenti forme oppure mediante una combinazione delle stesse:

a)

  in locali utilizzati per alloggiare i richiedenti durante l’esame della domanda di protezione internazionale presentata alla frontiera o in zone di transito;

 

b) in centri di accoglienza che garantiscano una qualità di vita adeguata;

 

 

c)

in case private, appartamenti, alberghi o altre strutture atte a garantire un alloggio per i richiedenti.

  1. Fatte salve le condizioni specifiche di trattenimento di cui agli articoli 10 e 11, in relazione agli alloggi di cui al paragrafo 1, lettere a), b) e c) del presente articolo, gli Stati membri provvedono affinché:

a) sia garantita ai richiedenti la tutela della vita familiare;

 

 

b)

 i richiedenti abbiano la possibilità di comunicare con i parenti, gli avvocati o i consulenti legali, i rappresentanti dell’UNHCR e altri organismi e organizzazioni nazionali, internazionali e non governativi competenti;

 

c)

 ai familiari, agli avvocati o ai consulenti legali nonché ai rappresentanti dell’UNHCR e di organizzazioni non governative competenti riconosciute dallo Stato membro interessato, sia consentito l’accesso al fine di assistere i richiedenti. Possono essere previste limitazioni dell’accesso soltanto per la sicurezza dei locali e dei richiedenti.

  1. Gli Stati membri tengono conto delle differenze di genere e di età e della situazione delle persone con esigenze particolari all’interno dei locali e dei centri di accoglienza di cui al paragrafo 1, lettere a) e b).
  2. Gli Stati membri adottano le misure opportune per prevenire la violenza e la violenza di genere in particolare, compresa la violenza sessuale e le molestie, all’interno dei locali e dei centri di accoglienza di cui al paragrafo 1, lettere a) e b).
  3. Gli Stati membri provvedono, per quanto possibile, che i richiedenti che sono adulti dipendenti con particolari esigenze di accoglienza siano alloggiati insieme a parenti stretti adulti già presenti nel medesimo Stato membro e che sono responsabili nei loro confronti in base alla legge o alla prassi dello Stato membro interessato.
  4. Gli Stati membri provvedono a che i trasferimenti di richiedenti da una struttura alloggiativa a un’altra avvengano soltanto se necessari. Gli Stati membri dispongono che i richiedenti possano informare i loro avvocati o consulenti legali del trasferimento e del loro nuovo indirizzo.
  5.  Le persone che lavorano nei centri di accoglienza ricevono una formazione adeguata e sono soggette alle norme in materia di riservatezza previste dal diritto nazionale, in ordine alle informazioni di cui vengano a conoscenza nel corso della loro attività.
  6. Gli Stati membri possono coinvolgere i richiedenti nella gestione delle risorse materiali e degli aspetti non materiali della vita nei centri attraverso comitati o consigli consultivi rappresentativi delle persone residenti.
  7. In casi debitamente giustificati gli Stati membri possono stabilire in via eccezionale modalità relative alle condizioni materiali di accoglienza diverse da quelle previste nel presente articolo, per un periodo ragionevole e di durata più breve possibile, qualora:

a)

sia richiesta una valutazione delle esigenze specifiche del richiedente, ai sensi dell’articolo 22,

 

b)

le capacità di alloggio normalmente disponibili siano temporaneamente esaurite.

Siffatte diverse condizioni soddisfano comunque le esigenze essenziali.

 

Articolo 19 Assistenza sanitaria

  1. Gli Stati membri provvedono affinché i richiedenti ricevano la necessaria assistenza sanitaria che comprende quanto meno le prestazioni di pronto soccorso e il trattamento essenziale delle malattie e di gravi disturbi mentali.

 

 

[10]  Decreto 142/2015 attuazione della direttiva n. 33.2013 Art. 9  Misure di prima accoglienza

  1. Per le esigenze di prima accoglienza e per l'espletamento delle operazioni necessarie alla definizione della posizione giuridica, lo straniero è accolto nei centri governativi  di  prima  accoglienza istituiti  con  decreto  del  Ministro   dell'interno,   sentita   la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto  1997,  n.  281, secondo la programmazione e i criteri individuati dal Tavolo di coordinamento nazionale  e  dai  Tavoli  di coordinamento regionale ai sensi dell'articolo 16.  
  2. La gestione dei centri di cui al comma 1 puo essere affidata ad enti locali, anche associati, alle unioni o consorzi di comuni, ad enti pubblici o privati che operano nel settore  dell'assistenza  ai richiedenti asilo o agli  immigrati  o  nel  settore  dell'assistenza sociale, secondo le procedure di affidamento dei contratti pubblici.  
  3. Il prefetto, sentito il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, invia il richiedente nelle strutture di cui al comma 1. Il richiedente è accolto per il tempo necessario, all'espletamento delle operazioni di identificazione, ove non completate precedentemente, alla verbalizzazione della domanda ed all'avvio della procedura di esame della medesima domanda, nonché all'accertamento delle condizioni di  salute   diretto   anche   a verificare,  fin  dal  momento  dell'ingresso  nelle   strutture   di accoglienza, la sussistenza di situazioni di vulnerabilità  ai  fini di cui all'articolo 17, comma 3. 
  4. Espletate le operazioni e gli adempimenti di cui al comma 4, il richiedente che ne faccia richiesta, anche in pendenza dell’esame della domanda, in presenza dei presupposti di cui all'articolo 15, e' trasferito nelle strutture di cui all'articolo 14, individuate anche tenendo conto delle particolari esigenze del richiedente di cui all'articolo 17. In caso di temporanea indisponibilità di posti nelle strutture di cui all'articolo 14, il richiedente rimane nei centri di cui al presente articolo, per il tempo strettamente necessario al trasferimento. Il richiedente portatore delle particolari esigenze di cui All'articolo 17 è trasferito in via prioritaria nelle strutture di cui all'articolo 14.

 

Art. 14 Sistema di accoglienza territoriale - Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (non più applicabile ai rifugiati).

  1. Il richiedente che ha formalizzato la domanda e  che  risulta  privo di mezzi sufficienti a garantire una qualità di vita  adeguata per il sostentamento proprio e dei propri familiari, ha accesso,  con i familiari, alle misure di accoglienza del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) predisposte dagli  enti  locali ai sensi dell'articolo 1-sexies del decreto-legge 30  dicembre  1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio  1990, n. 39, e finanziate dal  Fondo  di  cui  all'articolo  1-septies  del medesimo decreto anche in deroga al limite dell'80 per cento  di  cui al comma 2 del medesimo articolo 1-sexies.
  2. Con decreto del Ministro dell'interno, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, che si esprime entro trenta giorni, sono fissate le modalità di presentazione da parte degli enti locali delle domande di contributo per la realizzazione dei progetti di accoglienza di cui al comma 1. Il medesimo decreto detta le linee guida per la predisposizione dei servizi da assicurare, compresi quelli destinati alle persone portatrici di esigenze particolari di cui all'art. 17.
  3. 4. Le misure di accoglienza sono assicurate per la durata del procedimento di esame della domanda da parte della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, e successive modificazioni, e, in caso di rigetto, fino alla scadenza del termine per l'impugnazione della decisione.
  4. Quando vengono meno i presupposti  per il  trattenimento  nei centri di cui all'articolo 6,  il  richiedente  che  ha  ottenuto  la sospensione del provvedimento impugnato, ai sensi  dell'articolo  19, comma 5, del decreto  legislativo  1°  settembre  2011,  n.  150, ha accoglienza nei centri o strutture di cui all'articolo 9.