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Rom e diritto di asilo
Redazione 29 aprile 2005 05:20
Pubblichiamo una sentenza del Tribunale di Roma che riconosce il diritto di asilo a una cittadina rom della Bosnia Erzegovina perchè "dimostrata appare la condizione di persona che nel paese di origine non potrà ricevere un trattamento simile a quello che la Costituzione italiana garantisce in termini di libertà religiosa, di condanna delle discriminazioni etniche, di diritto al lavoro, alla protezione sociale e sanitaria, alla educazione dei bambini. Trattamento a cui la istante ha un interesse particolare diretto ed attuale, in relazione alla propria situazione familiare."

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
PRIMA SEZIONE CIVILE
In composizione collegiale
Nella persona dei giudici
Dott. Alberto Bucci, Presidente e relatore
Dott. Maurizio Durante, giudice
Dott. Rosaria Ricciardi, giudice
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa civile n. 35722 del 2002 promossa da
R. A., nata a Sarajevo il ...., rappresentata e difesa in giudizio dagli avvocati Nicolò Paoletti e Alessandra Mari con studio in Roma, Via Barbara Tortolini 34
contro
MINISTERO DEGLI INTERNI, rappresentato e difeso in giudizio dall'Avvocatura dello Stato

Con citazione notificata il 6 maggio 2002, la signora R.A., cittadina Bosniaca di etnia Rom, ha convenuto in giudizio il Ministero dell'interno chiedendo, in via principale l'accertamento del suo stato di rifugiato politico e in via subordinata del suo diritto all'asilo in Italia ai sensi dell'articolo 10 della Costituzione e in ogni caso del suo diritto a rimanere in Italia, ai sensi dell'articolo 8 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo.
Sulla opposizione della PA, la causa è giunta in decisione, davanti al collegio in composizione collegiale, sulla produzione di numerosi documenti e dopo l'audizione di alcuni testimoni.

Quanto prodotto e raccolto consente di ritenere provato:
- che l'attrice proviene dalla Bosnia Erzegovina ed appartiene alla etnia "Rom";
- che la medesima è fuggita dal suo paese nel periodo della guerra nella ex Jugoslavia, rifugiandosi in Italia, dove vive dal 1990, avendo avuto dieci figli di cui nove nati in Italia;
- che la sua domanda di asilo politico è stata respinta e non rinnovato il permesso di soggiorno;
- che i sui genitori vivono anch'essi in Italia e sono muniti di permesso di soggiorno per motivi umanitari, insieme a tutti i familiari del marito;
- che sin dal 1992 è stata evidenziata da tutti gli organismi internazionali "la grave situazione in cui si trovano gli sfollati delle Repubbliche sorte nei territori dell'ex Jugoslavia" in quanto "vittime delle guerre in Europa e perseguitati da tutte le parti in lotta";
- che gli accordi deI 1995, che hanno posto fine alla guerra in Bosnia, hanno stabilito che il rimpatrio dei profughi dalla Bosnia, avrebbe potuto essere disposto in dignità e sicurezza:
- che secondo le linee guida elaborate dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati - ACNUR - i componenti delle comunità Rom necessitano di protezione internazionale in quanto "provenienti da zone dove non costituiscono più la maggioranza";
- che le ragioni della protezione, secondo quanto riportato dalle linee guida dell'ACNUR, del 1999, del 2000 e del 2001, viene ravvisata nei fatto che i Rom che tornano in Bosnia, oltre che essere a rischio di atti di violenza perpetrati dai residenti delle aree di ritorno, incontrano condizioni di vita estremamente difficili in considerazione della diffusa discriminazione in termini di accesso all'impiego, di adeguata educazione dei bambini, di accesso ai servizi sociali e sanitari e di accesso all'abitazione;
- che 56 cittadini bosniaci residenti in Italia, espulsi e condotti in Bosnia, sono stati costretti a vivere in condizioni estremamente difficili, non avendo potuto rientrare nelle case dove essi abitavano prima del conflitto perché occupate da profughi serbo-bosniaci;
- che in relazione a tali espulsioni giudicate chiaramente contrarie alle disposizioni sul diritto al ritorno stabilite negli accordi di pace e nelle linee guida dell'ACNUR, dopo l'intervento della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, la famiglia dell'attrice ha concluso un accordo di composizione amichevole con il Governo Italiano in base al quale è stata fatta rientrare in Italia e munita di permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Tali risultanze non sono esclusivamente documentali, ma le stesse sono state confortate da testimonianze di persone, della Comunità di S. Egidio, che segue i profughi bosniaci rientrati, che hanno deposto circa le condizioni di estrema difficoltà incontrate dai profughi rimpatriati, soprattutto in relazione alla occupazione delle loro case da parte di altri sfollati Serbo-Bosniaci e della aperta ostilità delle altre componenti etniaco-religiose della regione.
Le risultanze, come sopra riassunte, giustificano l'accoglimento della domanda di asilo politico, non essendo stata raggiunta una prova di una diretta persecuzione o di un diretto pericolo di persecuzione nei confronti dell'attrice.
Dimostrata appare invece la condizione di persona che nel paese di origine non potrà ricevere un trattamento simile a quello che la Costituzione italiana garantisce in termini di libertà religiosa, di condanna delle discriminazioni etniche, di diritto al lavoro, alla protezione sociale e sanitaria, alla educazione dei bambini. Trattamento a cui la istante ha un interesse particolare diretto ed attuale, in relazione alla propria situazione familiare.
P.Q.M.
Dichiara che la signora R.A. nata a a Sarajevo il ...., ha diritto all'asilo politico ai sensi dell'articolo 10 della Costituzione della Repubblica Italiana.
Condanna l'amministrazione convenuta a rifondere all'attrice le spese di lite che si liquidano in € 10.000,00 (diecimila/OO), di cui 2.000 per spese e 6.000 per onorari, oltre IVA, CAP e spese generali.
Roma 7 gennaio 2005
Il Presidente estensore