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Ancora sulla separazione delle carriere - Roberto Lamacchia
Redazione 31 dicembre 2009 12:38
Il dibattito su Il manifesto sulla riforma della giustizia che si aperto in questi giorni con inteventi di Domenico Gallo e Giuliano Pisapia riapre nella sinistra la discussione sulla questione della separazione delle carriere.

Le recenti prese di posizione di Giuliano Pisapia sulla questione dello stato della giustizia in Italia, meritano qualche puntualizzazione, in particolare per quanto concerne la separazione delle carriere tra Giudici e PM.
In primo luogo, rilevo come la sua affermazione che la grande maggioranza dei giuristi democratici sarebbe favorevole alla separazione delle carriere mi pare alquanto discutibile: a nome dei Giuristi Democratici, con le iniziali maiuscole, esprimo, invece, le forti perplessità su una simile modifica dell'impianto della Magistratura.
In realtà, il dibattito, al nostro interno, é stato lungo e articolato ed ha portato alla conclusione che la questione della separazione delle carriere deve essere affrontata con spirito laico, senza pregiudizi, valutandone pregi e difetti: ci sono Stati di diritto, democratici senza la separazione delle carriere e Stati altrettanto democratici e di diritto con la separazione delle carriere.
Ciò che conta é vedere quali scenari si delineerebbero nel caso di approvazione di quella modifica, modifica che sarebbe imposta, a detta dei suoi fautori, da due ordini di ragioni: 1) per far finalmente funzionare la giustizia, con realizzazione di un giusto processo; 2) perché la modifica sarebbe resa obbligata dal nuovo art. 111 Cost.
Sul primo punto, spero sia ormai chiaro a tutti che la separazione delle carriere, di per sé, non porterebbe alcun vantaggio ad una speditezza dei processi e ad una maggior efficienza della macchina giustizia; non é la medicina per la giustizia malata, servirebbe solo a dare una sensazione di parità delle parti nel processo penale, parità assolutamente illusoria per la stragrande maggioranza dei cittadini, non in grado di garantirsi un'assistenza tecnica comparabile con l'organizzazione del PM; dobbiamo prendere atto che il processo penale "nuovo" é un processo per ricchi (quando lo dissi una ventina di anni fa all'Avv. Dominioni, mi disse: "é vero, ma non ci avevo mai pensato") e, dunque, quella tanto agognata parità delle parti gioverebbe solo a pochi imputati.
Sul secondo punto: l'art. 111 Cost. si limita a richiedere che il processo avvenga in condizioni di parità, davanti ad un Giudice terzo ed imparziale. Dall'utilizzo del termine "terzo" le Camere Penali hanno tratto la convinzione che la norma costituzionale imponga la separazione delle carriere; ma ho già più volte sostenuto che la terzietà del Giudice, voluta dalla norma é terzietà nel processo, cui si sopperisce con gli istituti della ricusazione e/o dell'astensione, ma non terzietà della categoria anche rispetto al PM; ricordo che la stessa Costituzione, all'art. 107, comma 3, prevede che i magistrati si distinguano tra loro solo per diversità di funzioni e non per diversità di ordini, giudicante e PM.
Dunque, non si può affermare che la separazione delle carriere sia imposta dalla modifica dell'art. 111 Cost.
Quanto al fatto che le associazioni professionali e gli esponenti della cultura giuridica che si battono per la separazione delle carriere in nomne di una piena realizzazione del processo accusatorio non accetterebbero l'assoggettamento del PM all'Esecutivo, non ho dubbi che ciò sia vero; ma la realtà é che esiste un'altra concezione della separazione delle carriere, quella espressa da Berlusconi e da tutta la sua maggioranza, che intende utilizzare quella modifica proprio per arrivare all'agognato risultato di mettere il PM alle dipendenze del potere esecutivo; e se ciò, in passato, poteva venire visto come una deduzione malevola circa le intenzioni del Centrodestra, oggi si é trasformato in una certezza, alla luce delle parole chiarissime, in questo senso, pronunciate proprio dal Presidente del Consiglio,
Ed allora non resta che prendere atto della situazione di pericolo istituzionale che stiamo vivendo, prendendo atto delle affermazioni di Berlusconi che ci ha già graziosamente informato che farà tutte le riforme che ha progettato, e che per farlo, modificherà anche la Costituzione (e non solo nella seconda parte, ovviamente).
Ha, dunque, ragione Domenico Gallo quando dice che accettando la logica sottesa alla separazione delle carriere, si rischia di fornire "un formidabile atout" nelle mani di Berlusconi "per legittimare le sue riforme e mascherare i suoi fini".
Dunque, stiamo molto attenti a non legittimare chi vuole imporre non una giustizia efficiente e giusta, ma una giustizia a proprio uso e consumo: le riforme da attuare per una giustizia rapida, efficiente, che assicuri a tutti i cittadini lo stesso livello di garanzie sono altre, vaste ed articolate, a partire dall'aumento dei fondi per l'amministrazione della giustizia,alla riforma dell'organizzazione giudiziaria, alla riforma del codice penale ed a mille altri aspetti che abbiamo più volte evidenziato nella nostra battaglia: il fermarci ad una polemica sulla difesa di ciò che é diventata una bandiera per l'Unione delle Camere Penali, abilmente sfruttata dai fautori dell'assoggettamento del PM all'Esecutivo, é riduttivo e, in questa fase soprattutto, molto pericoloso.
Torino, 31.12.2009
Roberto Lamacchia