MANAGE
CERCA
I Giuristi Democratici rispondono all'ANM
Redazione 7 marzo 2005 12:49
L'Associazione Nazionale Magistrati il 24.02.2005 ha inviato una lettera aperta agli avvocati chiedendo un confronto perchè i magistrati si dicono "certi che ci accomuna la convinzione della necessità dell'indipendenza della magistratura come garanzia per il cittadino e il profondo rispetto per la professione forense, che realizza essenziali principi costituzionali".
A questa lettera aperta rispondono i Giuristi Democratici.

Pubblichiamo di seguito le due lettere.

Lettera aperta agli avvocati dell'Anm

Nel recente passato ci ha diviso la valutazione su alcuni aspetti della riforma dell'ordinamento giudiziario. Ma siamo certi che ci accomuna la convinzione della necessità dell'indipendenza della magistratura come garanzia per il cittadino e il profondo rispetto per la professione forense, che realizza essenziali principi costituzionali. Una magistratura indipendente ed una avvocatura libera sono i connotati di ogni vera democrazia.

Pensiamo che non possiate che condividere la nostra preoccupazione di fronte al tono ed ai contenuti delle recenti polemiche su singoli provvedimenti giudiziari. Si travalica ormai costantemente la critica, sempre legittima, sui singoli provvedimenti, per fare appello diretto al "sano sentimento popolare", di cui ci si propone come interpreti esclusivi. Ciò è tanto più preoccupante quando sono in gioco vicende in cui la cui complessità e problematicità delle scelte rimesse alla magistratura dovrebbe essere sempre richiamata ai cittadini, piuttosto che fare appello alle reazioni emotive. Si urla allo scandalo per ipotesi di condanna a venti anni di reclusione con rito abbreviato, o per il riconoscimento della seminfermità mentale, muovendo dalla pretesa di farsi interpreti del "sentimento popolare". Il tutto senza reale contraddittorio, in un clima esasperato, che non consente dubbi o riflessioni.

A noi pare che tutto ciò mortifichi non solo l'indipendenza della magistratura, ma anche, e forse soprattutto, la funzione del difensore, il processo come luogo esclusivo per l'accertamento del fatto e la valutazione della personalità dell'imputato.

Tutto questo avviene nel momento in cui il Parlamento, con il disegno di legge Cirielli-Vitali (mentre con la modifica del regime della prescrizione vanifica ogni risposta penale anche per reati di notevole gravità), fissa per i recidivi in reati minori limiti di pena minimi anche di quattro anni e mezzo, con l'abolizione dei benefici penitenziari: eppure l'art. 27 della Costituzione sul carattere rieducativo della pena è ancora vigente.

Quando si parla della necessità di adeguare le sentenze al sano sentimento popolare ci turbano pericolose memorie. Quando il ministro della giustizia entra nel merito di decisioni giudiziarie, criticando la decisione di un giudice di Lecco e approvando quella di un giudice di Busto Arsizio, vi è da preoccuparsi per il sereno esercizio della giurisdizione. Quando un altro ministro presenzia ad una manifestazione in cui si disprezzano le sentenze, si mostrano lapidi per un procuratore della Repubblica, si lanciano invettive contro un giudice reo di aver assolto un imputato islamico e un altro giudice che ha applicato un patteggiamento a due nomadi, la preoccupazione è massima. I magistrati hanno accettato, come parte del rischio professionale, di entrare nel mirino di gruppi terroristi e di gruppi mafiosi, ma è difficile accettare questo livello di attacchi che coinvolgono esponenti del governo. Vorremmo discutere con le associazioni forensi questi argomenti, che non possono essere in nessun modo sottovalutati. Siamo sicuri che un confronto non potrebbe che vederci concordi, avvocati e magistrati, nella difesa di un esercizio indipendente e sereno della giurisdizione, libero da demagogiche strumentalizzazioni.

La Risposta dei Giuristi Democratici

L'Associazione "Giuristi Democratici", composta in gran parte da avvocati, ma non solo, è volutamente aperta alla partecipazione di tutti gli operatori giuridici che abbiano a cuore i valori costituzionali, tra cui il principio di indipendenza della magistratura e la conseguente sottoposizione della stessa solo alla legge, come garanzia imprescindibile della uguaglianza dei cittadini.

L'Associazione ha sempre ricercato il confronto con la magistratura, nelle sue componenti singole e associate, rappresentando il punto di vista anche di una avvocatura non uniformata alla esasperante e miope battaglia per la separazione delle carriere quale elemento fondante la riforma del sistema giustizia, ma vuole ricordare, anche a futura memoria, che se anni addietro si fosse praticata la lungimirante soluzione di una sana separazione delle funzioni oggi forse non ci troveremmo di fronte ad un attacco inarrestabile all'idea stessa dell'indipendenza della magistratura, a cui si vuole delegare una interpretazione delle leggi secondo quel "senso comune" che comincia già a fare breccia nella stessa giurisprudenza dell'oggi (come ha fatto il Gip di Brescia con ord. 31.01.2005 a proposito della definizione di terrorismo).

Ciò detto, i temi posti dalla lettera dell'ANM sono da noi condivisi e ripetutamente segnalati, unitamente alla necessità di difendere il principio di obbligatorietà dell'azione penale, tema a cui l'avvocatura nelle sue varie componenti è particolarmente sensibile, e di respingere quell'accentramento di poteri in capo ai vertici delle procure che appare un segnale preoccupante soprattutto per la discrezionalità che lascia intravedere nelle scelte di politica criminale, anche se non intervenisse mai la separazione delle carriere.

Uguale ragionamento vale anche per il principio della rieducazione della pena ex art. 27 Cost., che però non è messo in discussione solo dalla Cirielli- Vitali, ma anche da una politica criminale in tema di immigrazione che già da tempo pone interrogativi sull'effettiva vigenza di quel principio.

L'Associazione ribadisce pertanto la sua disponibilità al confronto sollecitato, che per essere costruttivo non deve riguardare solo la attuale e terribile "contingenza", a cui forse sarà difficile opporre valida resistenza se non sul piano culturale, e da cui ovviamente però bisogna partire, ma preparare un terreno comune di recupero dei valori condivisi, nell'interesse della collettività, che potrebbe preludere a programmi in tema di giustizia che vedano insieme i diversi operatori del diritto, magari anche con un identico percorso di formazione.
Associazione Nazionale Giuristi Democratici
07.03.2005