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Processo per i fatti di Gdeim Izik – Saharawi
Redazione 8 giugno 2017 07:52
Report dell’udienza del 5 giugno 2017, Tribunale di Salé, Marocco

Premessa. I Giuristi Democratici Elena Esposito e Nicola Giudice, avvocati italiani rispettivamente dei Fori di Torino e Palermo, hanno partecipato in veste di osservatori internazionali all’udienza tenutasi il 5 giugno 2017 presso il Tribunale di Salé (Marocco) per il processo sui fatti cd. di Gdeim Izik. La missione si inserisce nella più ampia attività di osservazione internazionale portata avanti dalla associazione Giuristi Democratici in una serie di processi dove si teme la possibilità di violazione dei principi del giusto processo e del rispetto dei diritti umani fondamentali da parte delle Istituzioni Statali. La delegazione italiana era altresì in rappresentanza della Associazione Europea dei Giuristi per la Democrazia e i Diritti Umani nel mondo e ha partecipato all’osservazione congiuntamente ad un alto numero di osservatori internazionali provenienti, tra gli altri da Francia, Spagna, Portogallo e Norvegia.

 

Background information. I fatti per cui si procede risalgono al novembre 2010, con la repressione di una protesta di massa di oltre 20.000 persone nel campo di Gdeim Izik e seguente sgombero forzato del campo da parte delle forze dell’ordine marocchine. Il Governo marocchino, sostenendo che in tale occasione 11 agenti di polizia fossero stati uccisi dai dimostranti, faceva arrestare 25 attivisti e leaders politici Saharawi a cui venivano imputati gli omicidi. Nel febbraio 2013, i 25 imputati venivano condannati a gravi pene (dai 20 ai 30 anni di carcere per la maggioranza e addirittura l’ergastolo per alcuni) dal Tribunale Militare di Rabat. La sentenza veniva poi annullata dalla Corte di Cassazione nel 2016, sulla base di una legge promulgata nel 2015 secondo cui la competenza a giudicare casi del genere era in capo al giudice ordinario e rilevando, a latere, le palesi carenze avvenute nel primo processo di merito, tra cui: l’assenza di indicazione del nome delle vittime nella sentenza di condanna, la mancanza di autopsie e la mancata prova del nesso eziologico tra condotta degli imputati e la presunta morte degli agenti di polizia.

 

Il processo odierno. A seguito della pronuncia della Suprema Corte, il processo è stato riassunto innanzi al Tribunale ordinario di Salé nel dicembre 2016. Nelle udienze tenutesi sino ad oggi si è vista l’escussione dei testimoni di Pubblica Accusa e Difesa, l’assunzione delle prove a carico degli imputati (tra cui il video che secondo l’Accusa riprodurrebbe i fatti criminosi) e l’esame degli imputati.

Ancora ad oggi, non è stato chiarito dal Tribunale se ci si trovi in un primo ovvero in un secondo grado di giudizio, con la conseguente impossibilità di definire quali regole processuali siano applicabili e quali garanzie siano riconosciute agli imputati (tra cui, la possibilità di chiedere l’ammissione di nuove prove, la costituzione di nuove parti civili, l’individuazione della base legale per lo stato di detenzione in cui gli imputati si trovano da ormai più di 6 anni).

Inoltre, i principali elementi probatori della Pubblica Accusa si basano su dichiarazioni estorte agli imputati con la tortura, come puntualmente accertato anche dal Comitato ONU contro la Tortura (CAT/C/59/D/606/2014). Sul punto, il Tribunale ha dichiarato che né il parere del Comitato né la Convenzione contro la Tortura sono elementi ammissibili nel processo in corso.

Nell’udienza del 16 maggio 2017, la difesa di fiducia degli imputati ha dismesso il mandato su ordine degli assistiti, in segno di disconoscimento della liceità del processo in corso, con conseguente nomina di difensori d’ufficio da parte del Presidente del Tribunale. Si segnala, con forte preoccupazione, quanto riportato da due dei difensori di fiducia (avvocati francesi[1]) riguardo alle percosse e violenze da queste subite da parte delle forze dell’ordine presenti. L’udienza medesima è poi proseguita senza interruzioni, né concessione di un termine a difesa, con immediato conferimento di mandato ai neo-nominati difensori[2].

 

Udienza del 5 giugno 2017. L’udienza odierna veniva fissata per discutere le risultanze delle perizie mediche disposte dal Tribunale al fine di accertare la fondatezza delle allegazioni di torture e trattamenti disumani avanzate dagli imputati e le loro difese in corso di processo. A seguito di rigetto da parte del Tribunale dell’istanza di perizia medica internazionale indipendente promossa dalla difesa, la stessa veniva eseguita da tre medici nominati dal Tribunale impiegati dipendenti presso le strutture sanitarie del governo marocchino.   

L’udienza odierna, fissata per le 10:00, iniziava con tre ore di ritardo. Dopo l’ingresso in aula, il Tribunale procedeva con l’accertamento di costituzione delle parti. Prima di tale adempimento, interveniva uno degli avvocati di parte civile, benché ad oggi non sia chiaro quali siano le parti civili regolarmente costituite in giudizio e chi i loro difensori di fiducia. Veniva data notizia ai presenti che gli imputati avevano manifestato la volontà di non presenziare all’udienza e, dunque, si procedeva in absentia. In udienza, la difesa criticava le perizie depositate dagli esperti in quanto contraddittorie e carenti nell’applicazione degli standard stabiliti dal Protocollo di Istanbul in tema di accertamento di episodi di tortura, chiedendo la citazione dei periti in udienza e l’ammissione di nuovi esperti da sentire in merito alle risultanze delle perizie mediche.

Il Tribunale rigettava la richiesta di ammissione di nuovi esperti, ammettendo, per contro, la citazione dei periti già nominati, rinviando l’udienza al giorno seguente, 6 giugno 2017, ore 10:00. La brevità disposta per la citazione desta dubbi sulla possibilità della difesa di esercitare il proprio mandato.

 

Conclusioni. La apparente conformità delle forme e trasparenza osservata nell’udienza del 5 giugno 2017, così come sopra riportata, si pone in evidente contrasto sia con quanto precedentemente accaduto ed osservato in corso di procedimento, che con il contesto di contorno che si è potuto osservare in loco. Si segnala, innanzitutto, quanto riportato dal Comitato di famiglie degli imputati in merito a maltrattamenti e percosse ai danni degli stessi occorse in data odierna al fine di imporgli la presenza in aula.

Ancor più importante, si rileva che, nonostante il Tribunale (di prima o seconda istanza che si voglia autodefinire) di Salé abbia espresso la volontà di procedere nel rispetto delle garanzie processuali fondamentali e della trasparenza, sussistono fondati timori:

  1. sulla carenza di rispetto effettivo e sostanziale del diritto alla difesa, con conseguente violazione del principio del contraddittorio e del giusto processo: la precedente difesa di fiducia ha abbandonato il processo con gravi episodi di violenza ed aggressione nei confronti degli avvocati, l’attuale difesa d’ufficio ha assunto la difesa degli imputati immediatamente dopo la nomina del Presidente, senza aver mai conferito con gli assistiti, né aver congruamente visionato il fascicolo del processo;
  2. sulla violazione della libertà personale degli imputati e del divieto di detenzione arbitraria e preventiva: si ricorda, gli imputati sono tuttora detenuti a far data dal novembre 2010 sulla base di una sentenza annullata dalla Corte di Cassazione. Non si intende, dunque, se la detenzione in corso sia una carcerazione preventiva, sulla base degli indizi che hanno portato agli arresti nel novembre 2010, ovvero se si tratti di carcerazione per espiazione della pena irrogata con la sentenza del Tribunale Militare. In entrambi i casi, risulta una carcerazione arbitraria e senza alcuna base legale, poiché oltre i limiti temporali di carcerazione preventiva secondo qualsivoglia disposizione internazionale, nel primo caso, e poiché sulla base di una sentenza dichiarata nulla dalla Suprema Corte marocchina, nel secondo;

iii. sulla violazione del fondamentale diritto all’inviolabilità della persona umana, tramite le sistematiche ed accertate torture perpetrate ai danni degli imputati al fine di estorcere confessioni auto indizianti.

 

La violazione di siffatte garanzie, la natura eminentemente politica della questione e l’importanza dei diritti in gioco, rendono ancor più necessaria l’attivazione di maggior pressione da parte della Comunità Internazionale a garanzia dello svolgimento di un giusto processo nei confronti dei 25 imputati per i fatti di Gdeim Izik e per la risoluzione pacifica della – risalente ma ancora fin troppo attuale – questione sul diritto alla autodeterminazione del popolo del Sahara Occidentale.

 

Elena Esposito, Nicola Giudice

 

[1] Si ricorda che in forza di un accordo apposito tra Francia e Marocco gli avvocati francesi possono esercitare nelle aule marocchine.

[2] Per una dettagliata analisi del processo innanzi al Tribunale di Salé, si indica il report integrale preparato dagli Osservatori Internazionali della Fondazione per il Sahara Occidentale disponibile al link: https://es.scribd.com/document/350492718/Gdeim-Izik-Trial-Observation-Report-May2017. 

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