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Il decreto Bersani, gli avvocati e gli utenti della giustizia
Redazione 9 luglio 2006 10:56
Il comunicato dell'Associazione nazionale sul decreto sulla concorrenza e la competitività.

IL DECRETO BERSANI, GLI AVVOCATI E GLI UTENTI DELLA GIUSTIZIA


Il D.L. 223/06 impone in primo luogo alcune osservazioni di metodo.

Con disappunto prendiamo atto che, con un segno di preoccupante continuità rispetto al governo precedente, si perpetua l'orientamento a legiferare mediante il ricorso allo strumento del decreto legge anche per l'assunzione di provvedimenti che non rivestono alcun carattere d'urgenza e che quindi andrebbero approvati con legge ordinaria, a mente di quella carta costituzionale che ha ricevuto dall'esito referendario conferma della sua attualità (ma questo in troppi preferiscono evidentemente dimenticarlo).

Con riferimento al merito dobbiamo osservare, se possibile ancora più preoccupati, che traspare dalle scelte operate il chiaro intento di promuovere l'imprenditorializzazione della professione dell'avvocato, intento che sottende la concezione dell'attività difensiva alla stregua di attività mercantile.

Riteniamo invece che vada ribadito il ruolo del difensore così come è descritto nel preambolo del suo codice deontologico:

"L'avvocato esercita la propria attività in piena libertà, autonomia ed indipendenza, per tutelare i diritti e gli interessi della persona, assicurando la conoscenza delle leggi e contribuendo in tal modo all'attuazione dell'ordinamento per i fini di giustizia. Nell'esercizio della sua funzione l'avvocato vigila sulla conformità delle leggi ai principi della Costituzione, nel rispetto della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e dell'Ordinamento comunitario; garantisce il diritto di libertà e sicurezza e l'inviolabilità del diritto di difesa; assicura la regolarità del giudizio e del contraddittorio. Le norma deontologiche sono essenziali per la realizzazione e la tutela di questi valori."

Riteniamo che libertà, autonomia ed indipendenza siano il presupposto indefettibile per la realizzazione degli interessi degli assistiti e per il corretto esercizio della giurisdizione; tale presupposto è polverizzato dalle norma del D.L. 223/06, che concernono:

1) la derogabilità dei minimi tariffari

L'abolizione del minimo tariffario non fornisce al cittadino maggiori garanzie e possibilità né di avere una tutela meno costosa, né di averla di una qualità migliore.

Non è possibile, peraltro, abolire il minimo tariffario senza riformare le norme che regolano il patrocinio a spese dello Stato e la liquidazione delle spese in giudizio.

E' evidente che il decreto è stato scritto senza alcun approfondimento sulla figura variegata e complessa dell'avvocatura e senza la partecipazione del Ministro della Giustizia.

2) il patto di quota lite

L'abolizione del divieto lungi dal tutelare il cittadino, gli dà invece il colpo di grazia,
offrendo la possibilità ai professionisti con meno scrupoli di taglieggiarlo a piacimento. Il meccanismo, inoltre, trasforma l'attività professionale in uno sforzo di ricerca del risultato ad ogni costo.

3) la pubblicità

Siamo al paradosso che per "tutelare il consumatore" si consente ai professionisti di gravarsi di nuovi costi, che inevitabilmente verranno alla fine scaricati sul medesimo soggetto che la norma vorrebbe tutelare. Altrettanto paradossale è che si ipotizzi che dia maggiori elementi per guidare nella scelta del professionista lo strumento pubblicitario, che invece, per definizione, persegue con modalità autoelogiative l'intento esclusivo dell'accaparramento della clientela.

4) i pagamenti

Il divieto di incassare parcelle in contanti pare assolutamente inidoneo al raggiungimento del condivisibile (e da noi ampiamente condiviso) fine di combattere l'evasione, non tiene conto della specificità della clientela di molti avvocati (si pensi anche solo alla fascia più debole costituita da quell'utenza extracomunitaria che non ha, né può avere conti correnti bancari) ed infine appare in palese contrasto con l'art. 3 della Costituzione.

5) spese di giustizia

Desta particolare preoccupazione l'aumento del contributo per l'accesso alla giustizia amministrativa, che introduce tra i cittadini una discriminazione per censo.

Le modifiche, poi, dei termini di pagamento delle spese di giustizia determinano un ulteriore disincentivo all'utilizzo del patrocinio a spese dello Stato, con compressione del diritto di difesa dei meno abbienti. Ciò è, tra l'altro, in palese contrasto con gli impegni assunti nel programma dell'Unione.

Per tali ragioni di metodo e di merito riteniamo quindi di promuovere e aderire a tutte le più opportune forme di mobilitazione.

Per tali ragioni chiediamo che il Governo e il Parlamento convochino tutte le associazioni rappresentative dell'avvocatura per riesaminare l'intera materia oggetto del decreto.

Roma, 07 luglio 2006

ASSOCIAZIONE NAZIONALE GIURISTI DEMOCRATICI

Comunicato GGDD Torino sul prolungamento dell'astensione degli avvocati
Nel nostro ultimo documento avevamo dato conto del parere espresso dalla Commissione Giustizia del Senato, che aveva mostrato di recepire gran parte delle critiche da noi mosse al D.L. 223/06 in tal modo evidenziando il loro fondamento.
Il seguito del corso del provvedimento in Senato ha peraltro ampiamente deluso le legittime aspettative che il parere della Commissione Giustizia aveva fatto sorgere.
Il testo del provvedimento che è stato da oggi 24 luglio portato all'esame dell'Aula risulta, rispetto al testo originario, sì modificato dalla Commissione Bilancio in sede referente, ma in modo del tutto insufficiente.
Sono rimasti totalmente inascoltati i nostri rilievi, sui quali aveva convenuto, ripetiamo, la Commissione Giustizia, in ordine:
- alla necessità del mantenimento dei minimi tariffari;
- alla necessità di reintrodurre il divieto di "patto di quota lite".
- alla assurdità dell'introduzione del divieto per il professionista di accettare pagamenti per contanti di importi superiori ad € 100,00.
La stessa Commissione Giustizia pur non aderendo alla nostra opposizione pregiudiziale ad acconsentire ai professionisti il ricorso alla pubblicità, ne aveva limitato fortemente l'ambito e le modalità da considerarsi leciti.
Il testo originario risulta emendato, nella versione presentata all'Aula, in modo soddisfacente esclusivamente per quanto riguarda l'abrogazione della responsabilità solidale dell'avvocato per il pagamento delle spese di giustizia, in origine previsto dall'art. 21 comma 5. Nel contempo dobbiamo altresì segnalare, con soddisfazione, il risultato dei lavori parlamentari in punto rideterminazione, con consistente riduzione, del contributo dovuto per i ricorsi aventi ad oggetto il diritto di soggiorno previsto dal medesimo art. 21, con contemporanea soppressione dello specifico contributo dovuto per il cautelare.
Altro emendamento ha consentito l'introduzione di un comma 2 all'art. 2, con il quale è chiarito che la liquidazione giudiziale delle spese (così come la liquidazione per il gratuito patrocinio) debba essere effettuata sulla base della tariffa forense, evitando un paradossale vuoto che avrebbe consentito di determinare i compensi con totale arbitrio.
Addirittura comica risulta la previsione, introdotta con apposito emendamento dalla Commissione Bilancio, di una gradualità nell'introduzione del divieto di ricevere compensi per contanti (divieto che è nella versione emendata è previsto: per compensi superiori a € 1000,00 fino a 30.6.2007; per compensi superiori a € 500,00 dal 1.7.2007 al 30.6.2008; per compensi superiori a € 100,00 a decorrere dal 1.7.2008).
Dopo aver dato conto degli sviluppi predetti dell'iter teso alla conversione del Decreto Legge, non possiamo che ribadire con forza i nostri rilievi di metodo e di merito già mossi con i precedenti interventi sul tema. Quanto al metodo dobbiamo inoltre rilevare come non sia stato possibile ottenere alcun confronto con il Governo, che si è negato alle nostre richieste di audizione, in ordine alle tematiche affrontate dal D.L. che più immediatamente sono destinate ad irrompere sulla nostra professione. Sempre circa il metodo, ci lasciano esterrefatti le voci che vogliono che il Governo intenda porre la fiducia sulla legge di conversione del decreto. In tal modo verranno impediti anche all'Aula il confronto ed il dibattito su questioni che pur non rivestendo i caratteri di improrogabilità, in presenza dei quali esclusivamente il Costituente ebbe ad attribuire all'esecutivo la facoltà di assumere provvedimenti con temporanea efficacia di legge, ebbero ad indurre l'esecutivo alla illegittima decretazione d'urgenza.
Va ribadita la nostra totale contrarietà tanto alla abolizione dei minimi, quanto alla introduzione del patto di quota lite, quanto ad acconsentire agli avvocati il ricorso alla pubblicità.
Per tali ragioni riteniamo di proseguire nello stato di agitazione con astensione dalle udienze, limitatamente ai giorni 24 e 25 luglio in omaggio alla opportunità di mantenere coese, quantomeno in questi giorni, ed in attesa della discussione in Parlamento che dovrebbe concludersi il giorno 28 luglio, le varie componenti dell'Avvocatura. Per il prosieguo, invece, è necessaria un'attenta analisi del testo definitivo emendato che verrà approvato dalle Camere prima di intraprendere ulteriori forme di agitazione che dovranno in ogni caso avere un respiro più ampio di quello imposto dalla contingente esigenza di contrastare un provvedimento dichiarato urgente.
Resta fermo il nostro già affermato impegno a contribuire al dibattito sulle problematiche connesse alla professione ed alla elaborazione di un testo di legge quadro sull'ordinamento della professione forense e sull'accesso ad essa, auspicando la massima partecipazione dei Colleghi.
Torino, 25 luglio 2006
Associazione Giuristi Democratici Torino